luoghi: vecchi, nuovi, comuniParole da…
luoghi: vecchi, nuovi, comuni
Parole da ricordare, parole da buttare
Le parole vanno, vengono, a volte ritornano. Ne nascono di nuove, le vecchie si buttano. Ma accade che gli anni passano e se ci chiediamo da dove è piovuta la tal parola o la tal espressione, a volte non lo sappiamo più.
Se entrassi ora in una libreria e trovassi Parole per ricordare, (Zanichelli, 30 €) una specie di dizionario della memoria collettiva che raccoglie storie ed evoluzioni di espressioni e modi di dire di questi ultimi anni, se lo trovassi ora non gli resisterei. Semprechè mi ballasse in tasca il necessario per l’investimento. Lo sfoglierei e se è come me lo descrive il Corsera di ieri, credo che lo comprerei. Per ricordare, magari non ora, le storia del sarchiapone, della zona Cesarini, il cerchiobottismo, l’armata Brancaleone, il tirapiedi e chissà quant’altro che non entrava nella pagina del Corsera. Qui la presentazione del volume sul web di Zanichelli e qui un assaggio dell’opera in pdf: da Acentododici ad Acheronte.
Ma le parole a volte formano delle espressioni che finiscono per venirci a noia. Soprattutto quando di esse si abusa e par che non vi sia modo di dir una cosa, soprattutto sui giornali e in tv, se non usando proprio quella, sempre quella immalinconita e sterile espressione che ormai è consumata quanto uno straccio vecchio: il luogo comune. Il supplemento culturale del Sole 24 Ore, Domenica (di cui già scrivemmo qui per una preziosa raccolta di ossimori), lancia un appello per lo sgombero entro Capodanno delle “cantine del nostro lessico quotidiano”. L’idea di Riccardo Chiaberge è quella di gettarle dalle finestre insieme con le stoviglie. Non faranno rumore, né danni. In compenso libereremo un po’ di spazio. Che non fa mai male.
Non mettetele qui, però. Mandatele a “Parole da buttare”, fermoposta@ilsole24ore.it.
le marche portatrici di valori migliori? my god…
ehi bada che c’è un grosso “boh” nel titolo… la domanda cmq è meglio porsela che no, sbaglio?