Fresu-Caine: il bello, il brutto e il concerto di ieri
jazz: Paolo Fresu – Uri Caine
Il bello dei concerti gratis è che te li puoi permettere sempre. Il brutto dei concerti gratis è che ci va il mondo. Anche in una città che del jazz se ne strafrega come Pavia. Ai concerti gratis, se arrivi tardi e trovi un posto in ultima fila non te la menare. Risali agile verso il proscenio e accalcati con i curiosi in piedi sotto il palco. Nel caso, assumi l’aria di uno che sta cercando l’amico che gli ha tenuto il posto. Appena si abbassano le luci tutti grideranno SEDUUUTI! e tu avrai conquistato il tuo posto-pavimento. In prima fila.
Il bello di un concerto in prima fila è che non ti sfugge nulla: le mosse, gli sguardi, persino gli odori dei musicisti. Per non dire del suono che quasi ti ferisce per quanto ti arriva addosso nudo. Il brutto di un concerto con il posto-pavimento è che non hai più 20 anni: non sai dove tenere le gambe, i piedi ti sformicolano, la schiena ingobbita chiede tregua.
Il bello di un concerto di Paolo Fresu e Uri Caine sono parecchie cose: i suoni, i pianissimo con la tromba sordinata, i voli del flicorno, le dinamiche di Caine, il suo miracoloso controllo dello strumento, un repertorio scelto con equilibrio e attenzione all’audience (A night in Tunisia, Porgy and Bess, Cheek to Cheek), tutto il resto.
Caine guida il piano come una limousine. Fresu sale, si fa accompagnare qua e là, poi scende si fa un pezzo a piedi. Intanto la limousine magari diventa un bolide o un trattore. E via così.
Il bello di un concerto di Paolo Fresu e Uri Caine, esteticamente parlando dico, tra i due è senza dubbio Fresu. Il brutto invece è Caine che pare un Veltroni coi capelli ricci, però vestito peggio.
Il brutto di un concerto di Paolo Fresu e Uri Caine è che a un certo punto finisce.
Invidia invidia invidia somma. (Il bello di Paolo Fresu è proprio Paolo Fresu, eh già)