Non ci sono più i 25 aprile di una volta
Il 25 aprile in provincia è così: la banda che suona precede le autorità, bandiere, gonfaloni, un paio di partigiani fossili, divise, vigili e poi la gente. Un centinaio di persone al massimo a fare il percorso dal fiume alla piazza. Io li seguo precedendoli (Paolo Rossi docet), zigzagando con razionalità, la bici strombazzante, la creatura plaudente sul seggiolino. Poi, mentre giunti in piazza la sbrago dai suoi legacci, odo una eco di insulti nemmeno troppo sommessi. A 30 metri da me, un gruppo di pischelli del locale centro sociale apostrofa due altrettanti pischelli con vessillo forzitaliota. Le parole ve le potete immaginare, ma niente di fortissimo: “ipocriti” era la frase più insolente. Mentre la forza pubblica “interviene” a prevenire un contatto, io mi calco la creatura sulle spalle e mi dirigo di buon passo verso l’epicentro. Tra me e me borbotto: “dai, dai che si picchiano…” Dopo 10 secondi siamo sul posto. La bandiera forzitaliota viene smontata con molta calma. I pischelli rossi guardano e commentano tra loro. È bastata un’alzata di sopracciglia del maresciallo e il movimento di due vigili per spegnere il cerino. Tutto tranquillo insomma, c’è un silenzio appena appena teso. Io mi fermo ed è solo allora che devo improvvisamente render conto a qualcuno delle aspettative create. Nel silenzio, poco sopra la mia testa, parte il ritornello: Chi si picchiano? Chi si picchiano?
non ci sono i 25 aprile ma ci sono i pulotti cheledannodisantaragione agli operai fiat di Melfi.
gli sbirri che menano i lavoratori. che banalità: è mai possibile che chi c’ha il soldo del potere si sputtana sempre allo stesso modo?
uazz non riesco mai ad inserire il mio nick sotto “Nome:”
zietto burpi, cummo è ‘sta storia?
posted by “gruppo di studio del terrazzo”