Del fragore del frugare tra i ricordi di plastica
A tutti prima o poi ricapitano in mano alcuni giocattoli della propria infanzia. Io, che mi ricordi, ho avuto il periodo Lego, il periodo macchinine, il periodo soldatini & modellini (con annesso breve periodo Big Jim & Barbie), il periodo Subbuteo, il periodo giornalididonnenude (con annesso lungo periodo pippe).
Il periodo trenino elettrico è durato un Natale, il periodo Dolceforno è rimasto un mio torbido desiderio inevaso e colgo l’occasione di ringraziare Babbonatale o chi per lui. (Avrei voluto inserire qualche link almeno per i più giovani che magari non sanno di che parlo, ma neppure su pagine70 trovo qualcosa sul Dolceforno.)
Ora che li ho scritti e scavati fuori mi rendo conto che alcuni di questi periodi andrebbero raccontati. Forse non qui, forse dal lussuoso strizzacervelli che un giorno, una volta ricco sfondato, mi concederò. E comunque per farla breve, rinnego solo il periodo Subbuteo (tempo realmente buttato). Il periodo Lego, cazzarola, credo non sia ancora finito. Me ne accorgo quando da un baule al mare riemergono due scatoloni di pezzi sparsi di varie epoche. Me ne accorgo quando me li litigo con la creatura. Quando ficco le mani sul fondo dello scatolone per smuovere il grosso e cercare i pezzi piccoli sul fondo. Quando frugo con le manone e risento il fragore del maremoto di plastica, lo smottamento colorato dei pezzi. Quando ragiono su come risolvere un problema: la punta bifida di un’astronave può diventare una mostruosa dentatura? Quando trovo i pezzi più anziani: sotto hanno una x (e non il pallino), sono solo di tre scoloriti colori. Quando un pezzo particolare (un reattore, una portiera, un rosso trasparente da uno) mi rimanda lo stupore con cui lo contemplai per la prima volta figurandomene gli utilizzi. Me ne accorgo, infine, quando consegno alla creatura un drago rosso con la bocca aperta e i dentoni fuori e gli occhi gialli trasparenti e lei lo guarda e dice “Beeello” e poi lo scaglia in pezzi sul pavimento e dice: “Fai l’asino di Shreck!”.
Levo alto al cielo il mio raglio di protesta.
Update: un’angelo con l’apostrofo giallo è svolazzato tra i commenti e ha saggiamente indicato la retta via per il Dolceforno. Tributatele un pensiero. O una scatola di biscotti. (Grazie anche a latartaruga che ha provveduto nell’identico modo, ma correttamente, secondo natura insomma, con minor tempestività.)
qui immaginetta votiva del dolce forno 🙂
Tempo realmente buttato il Subbuteo?? Io ho meravigliosi ricordi… ricordo che giocavo con l’Inter fatta in casa disegnando le strisce nere con la penna a china sulle maglie dei giocatori azzurri in omaggio nella scatola e il Nantes che aveva il portiere in presa “plastica”.
Tornei su tornei…
ma tu hai mai assaggiato le crostatine fatte col dolceforno? la suola di una scarpa con un po’ di marmellata sopra.
lo so, ammazzo la poesia…