musica suonata Robe da matrimonioUna ventina…
musica suonata
Robe da matrimonio
Una ventina di giorni fa ho rimesso insieme due quinti della vecchia band (il fratellino) e siamo stati a suonare a un matrimonio. Ora, la nostra lunga e comprovata esperienza ci insegna che ai matrimoni capita un po’ di tutto nel bene e nel male. L’ultima volta, solo per dirne una, appena deposti gli strumenti e lasciato spazio al cd, un’invitata scivolò danzando, si librò agile nell’aria impanicandoci gli sguardi e infine atterrò il suo rotondo e generoso culone sulla chitarra del mio socio, sbriciolandogliela. Tralasciamo che era la prima chitarra, quella che come il primo amore non si scorda mai e passiamo al presente. Giusto per segnalare due episodi inediti e comunque di segno assai più positivo.
1) Durante l’aperitivo mi si avvicina un signore che mi chiede l’Internazionale. Immediatamente ne metto alla prova la serietà e il tasso etilico simulando una mezza sordità (“Come dice? Oh certo, musica internazionale senz’altro”). Persevera. Allora gliela canticchio per esser certi che parliamo della stessa cosa. Epperò – con una certa cautela ché è un omone – gli gorgheggio l’inno di Forza Italia (“pa pa pa paaa paaa”). Lui sembra poco convinto. Aggiungo le parole: inorridisce, rischio un ceffone, mi riallineo. Capisco che fa sul serio e sa il fatto suo. Intanto mi dicono dalla regia che il è il babbo dello sposo, diamine: obbedisco. Gli chiedo come comportarmi nel caso qualcuno mi chieda per par condicio per esempio “Giovinezza” e lui dice in bergamasco di allungargli subito una sonora pedata nel culo. Bien, perfetto.
In conclusione l’Internazionale viene eseguita in sol maggiore due o tre volte durante la serata. Lui che è seduto almeno a trenta metri e ha anche altro da fare, la becca sempre: annuisce, alza pugno o bicchiere a seconda dei casi. E direi che son soddisfazioni.
2) Capita sovente che qualcuno salga a cantare uno o due pezzi. Si dice “salga” anche se spesso non deve salire proprio da nessuna parte, ché nei ristoranti com’è noto manca il palco. Capita anche di accogliere qualcuno che sa il fatto suo: meglio. In questa occasione capita che si proponga una ragazza assai carina e che ben presto si scopra che sa cantare. Capita che ella si disimpegni dignitosissima e leggera su “Il cielo in un stanza”. E che tolleri con una certa nonscialanza gli accordi e le armonizzazioni che tu, pianista ormai brillo, le proponi per testarne la sgamatezza e il senso del ritmo. E fin qui già ci si congratulava a occhiate, della serie “bella storia, brava”. Poi capita l’inatteso. La ragazza di nero vestita, dall’occhio verde e dalla parlantina sciolta ci sommerge di complimenti e non paga di ciò, afferma a più riprese – e per venti minuti buoni – di voler entrare a far parte del gruppo. Io le spiego che tecnicamente non c’è un gruppo, siamo due reduci, che ognuno ha le sue storie, che ascoltiamo le cose più diverse, che essendo fratelli ci tolleriamo a stento e che ogni tanto per la pagnotta si fanno ‘ste pregevoli e dignitose marchette. Che insomma chiedere a noi di entrare nel gruppo è più o meno come mandare un cv all’Alitalia. E lei, con nome esotico ma carattere e accento e testardaggine tutta partenopea, insiste in egual misura con entrambi. (Il che dimostra che ella non aveva altre mire se non quelle artistiche, o no?) E alla fine ci carpisce il numero di telefono. E anche se poi non chiama, brava Manila, grazie: ci ha fatto un sacco piacere la tua corte. Chissà in futuro. E se prima o poi ti sposi, naturalmente, chiamaci.
PROLOGO
Giugno. Matrimonio. Ben pagato. Vado a fare il sopralluogo.
Arrivo, lascio la macchina sulla strada, citofono alla villa in questione, mi aprono, percorro a piedi una rampa in salita lunga all’incirca trenta metri che termina su un piazzale (sarebbe perfetta per parcheggiare, così potremmo caricare e scaricare i nostri strumenti stando vicini al palco), dove mi aspettano la sposa e sua zia, la padrona di casa.
Dopo i convenevoli (in cui faccio sfogo del mio eloquio, per tranquillizarli del mio aspetto) azzanno subito la preda al collo:
-“Qui per noi sarebbe ottimo per parcheggiare, così siamo vicini al palco…”
-“Ma veda,-mi interrompe la vecchia- volevamo far lasciare le macchine sulla strada, così gli invitati salgono su per la rampa, e quì sul piazzale fare il rinfresco per l’aperitivo”.
Capisco che la vecchia è un osso duro, abbasso la posta:
-“Sa, noi portiamo attrezzature molto pesanti, potremmo venire fin quì su almeno per scaricare?”
-“Beh si, alle quattro però, arrivano quelli del catering che devono montare le tenso-strutture e alle sette arrivano gli invitati e -ribadisce- volevamo fargli lasciare le macchine giù, così salgono su per la rampa e poi quì c’è il rinfresco”.
Ci accordiamo per stare lì prima del catering, scaricare e riportare giù le macchine cosicché gli ospiti.
-“Possano salire la rampa a piedi e poi…”
-“C’è il rinfresco. Ho capito!!!”…penso.
LA RAMPA IN SALITA
Arriviamo alle tre e mezza, nella villa c’è solo la servitù, i padroni sono al matrimonio.
Saliamo su per la rampa e arrivati sul piazzale, scarichiamo gli strumenti; arrivano i ragazzi del service, portiamo le macchine al di sotto della rampa e risaliamo a piedi.
Quando finiamo le prove del suono gli adetti del catering stanno già allestendo le tenso-strutture.
Ce ne andiamo per trascorrere due ore di noia nella periferia nord. Torniamo giusto in tempo per cambiarci, ciò ci permette di aggirarci (leggi: mangiare e bere) indisturbati durante l’aperitivo e benché i nostri abiti siano spesso di fattura inferiore, solitamente la riprovazione generale è concentrata sui fonici, che dovendo caricare (loro sì) montagne di roba pesantissima, in estate si vestono sempre con bermuda (non di rado inguinali) e logore t-shirt (ma con quanta fierezza!), insomma: i musicisti appaiono come dei ciarlatani (es: smoking col mocassino), ma i fonici sono palesemente degli anarchici restii ad ogni disciplina!
Arrivano i primi ospiti, salgono a piedi la rampa elegantemente addobbata da una mezza dozzina di fioriere per lato disposte asimmetricamente (“che classe, cazzo!”).
I camerieri, iniziano a friggere.
A questi punto spetta sempre a noi musicisti sollevare il velo di ipocrita imbarazzo e servirci al buffet, giacché più e alto il livello sociale del matrimonio (e in questo caso è sufficentemente alto), meno ci sarà gente disposta a farsi passare per “quelli che stanno qui solo per mangiare”; poi una volta confusi con la massa, molti si abbufferanno stoltamente di fritti e rustici fino ad arrivare a tavola già sazii.
Questo succede perché uno nella vita fa un numero limitato di matrimonii: dapprima parteciperà a pochi matrimonii degli amici (o parenti) dei genitori, poi o a quelli degli amici magari al proprio(ed è proprio questo il periodo della vita in cui uno partecipa anche a due,tre matrimoni l’anno) ed infine a quelli dei figli (loro o di parenti e amici): uno ogni tanto.
Ma un musicista oltre a tutti questi partecipa almeno a dieci matrimonii l’anno (alcuni piano-baristi anche a molti di più) e quindi non gli importa granché né di quello che pensano gli invitati (dai loro sguardi si direbbe: “ma chi sono quei tipi che vanno in giro con i piatti così pieni? Non li ricordo alla cerimonia”), né dei camerieri che nelle loro livree non mancano mai un commento tipo: “Ahò, quanno se tratta de magna’, i musicisti so’ sempre li primi!”.
Si vede che conoscono la professione, chissà quanti matrimonii fanno in un anno?
Rompiamo gli indugi: il rinfresco è ottimo, i fritti leggeri e al posto del consueto spumante, viene servito dell’ottimo champagne.
Adoro lo champagne!
Ne bevo tre o quattro bicchieri, sono alticcio-allegrotto e mentre gli invitati continuano ad affluire salendo la rampa, ci scambiamo occhiate d’intesa con gli altri componenti del gruppo circa la qualità del rinfresco.
Vedo il fonico bermuda inguinale e canotta nera parlare con un distinto signore; bevo un altro bicchiere e dico a “Mango Giallo” (il chitarrista):
-“cerchiamo un posto per farci una canna”.
Dato che non ci sono posti per nascondersi (tipo camerini), sarà bene chiedere asilo ai fonici che stanno ai piedi della rampa scansati dal resto della festa e che hanno sempre un ottimo fumo (io do una cosa a te, tu dai una cosa a me).
Ci facciamo un paio di canne (il loro fumo è, come volevasi dimostrare, alquanto migliore del nostro) e commentando con loro la festa, vengo a sapere che il distinto signore con cui parlava il fonico bermuda inguinale e canotta nera era il suo avvocato.
Risaliamo la rampa con l’animo leggero (si mangia bene, si beve meglio, dobbiamo suonare funk e r’n b: e chi ci ammazza?).
Arrivati in cima penso ci vorrebbe proprio un frittino e un po’ di champagne, mi avvicino al tavolo dei fritti, ma davanti ad esso c’è un capannello di gente.
“Che palle c’è la fila” -penso-
Poi si sente una voce che intima: “fategli aria, non stategli addosso!”
Un signore è steso per terra
-“C’è un dottore?”-
Mi ritrovo con i colleghi del gruppo e cerco di capire se qualcuno ha visto cosa è successo, ma qundo arriva un tipo ed inizia a praticare un massaggio cardiaco allo sventurato ci appare fin troppo chiaro.
Guardiamo attoniti: il capannello di persone si è dissolto, un tipo è sdraiato parallelamente al tavolo dei fritti ed un altro gli sta seduto sopra, a distanza un po’ di persone (sempre meno) assistono alla scena.
Sono passati più di cinque anni e non ricordo esattamente quanto è durata ogni singola fase, ma i fatti, quelli sì, li ricordo come fossero avvenuti ieri.
Mi volto e, pure per discrezione verso la soffrenza, mi vado a fare un giro: sorpresa!
Il rinfresco continua con la più totale non curanza per ciò che accade,
“Che non se ne siano accorti?”-penso-
Ma è evidente che è impossibile, dato che i due sono lì, sotto gli occhi di tutti davanti al tavolo dei fritti.
Mentre cammino riesco a sentire scampoli di conversazione, ricordo due che dicevano:
-“Il figlio di Gianni si è arruolato in marina, sta facendo l’accademia a Livorno”
E l’altro:
“Col battaglione San Marco è il miglior…”
Mi chiedo se una cosa del genere capitasse al mio matrimonio cosa farei: sicuramente sospenderei la festa.
Invece la festa continua col rianimato e il rianimante davanti al tavolo dei fritti ed è a questo punto ho visto un “signore” che si allungava e si sporgeva al
di sopra dei due per prendere un fritto con una mano e con disinvoltura metterselo nel piatto che reggeva con l’altra mano.
“Ma che razza di gente siete?”
Mi riavvicino ai colleghi per cercare di capire se anche loro hanno l’impressione di essere in un film di Bunuel, in cui crassi borghesi alle prese con le loro pulsioni più orribili sono ossessionati dalla forma.
Quando li raggiungo, Mango che è il più visibilmente scosso, è pallido e mi dice:
-“Capito, si è fatto la salita a piedi, nun j’ha retto e gli ha preso il coccolone!”
Questa frase mi fa scoppiare a ridere, ripenso alla padrone di casa che si era tanto raccomandata di lasciare le macchine sotto la rampa e di salire a piedi: ASSASSINA!
Dopo all’incirca venti minuti, vengono finalmente messi dei tavoli per coprire i due, e a questo punto la festa va avanti come niente fosse (sembra davvero un film di Bunuel).
Dopo altri venti minuti, arriva salendo la rampa, l’ambulanza che si deve far largo tra la folla (perché in quel momento gli invitati si stanno spostando nella zona cena)
carica l’infartato e riparte a sirene spiegate.
Più tardi, stiamo a cena con i fonici in un tavolo lontano da tutti (succedeva pure a Bach, figuriamoci se possiamo lamentarci noi).
Dopo aver mangiato due primi, nell’ intervallo tra il secondo di pesce e quello di carne, si avvicina l’avvocato del fonico preceduto dalla moglie:
“Siamo passati per salutarla -dice lei rivolta al fonico-, adesso dobbiamo andare in ospedale”
“Sa era nostro cognato -aggiunge l’avvocato- ed…(pausa contrita)…è morto”.
E siete rimasti quì per due primi ed un secondo!
Ma che razza di gente siete?!!
Avete lasciato vostra sorella sola al capezzale del marito morente per i tagliolini all’uovo con i fagioli!
Ma che razza di gente siete?!!
Epilogo
Il marimonio continuò senza più niente di memorabile, e meno male.
Poi raccontai tutto a colui che mi aveva procurato la serata, e quando ne parlò con la sposa lei gli chiese:
-“Perché se ne sono accorti?”
Ma ad onor del vero durante tutto il massaggio cardiaco gli sposi non erano presenti, e forse gli avranno raccontato qualche bugia per non turbarli.
Però poi mi sono sempre chiesto, che tipo di legame ci fosse tra gli sposi e il morto e nel caso fosse egli stato un parente, come passeranno tutti gli anni il giorno dell’anniversario?
Forse una messa in suffragio la mattina e una ricca scopata la sera.
…i matromoni, questi (s)conosciuti…visto che mi sembra di essere tra amici, e sono alquanto ispirato da questa storiella appena letta e segnalatami puntualmente dal grande pelato, zio Burp, mi butto anch’io nella aneddotica convivialsponsale e racconto la mia..maggio..matrimonio upper class di una cara amica, quasi collega di lavoro..dico “quasi”, perchè di istinto mi verrebbe da dire , visto che la mia figura professionale è ambigua quanto e più di un transessuale con inclinazioni saffiche..comunque, torniamo a noi.
la sposa mi contatta per organizzare e suonare e in chiesa e al ricevimento, dicendomi che vuole una cosa “de clase” (di classe per i neofiti del romanesco scritto) e soprattutto in chiesa vuole che sia come un matrimonio come quello dei film…OK! niente mi è impossibile, vado a spulciare il manuale delle giovani marmotte liturgiche ed estraggo pronto reperorio perfetto: due marce, due ave maria, aria sulla quarta corda, jesu meine bleibe freude e le solite minchiate per cui capita spesso che bach sia confuso con piero angela e via dicendo.
“la questione Don Natale”
scopro mio malgrado di dover ricevere la approvazione di un bieco ed oscuro personaggio di nome Don Natale…approvazione? mah…vediamo…mi reco con fare ossequioso dall’alto prelato (non per altro, passava il metro e 90), il quale ascolta con fare corrucciato il mio repertorio da matrimonio “de clase” (organo, flauto traverso e cantante, mica cazzi!) e…LO BOCCIA!! ave maria di schubert no, perchè è profana (ahimè, come dargli torto, ma cazzo, l’hanno cantata anche a Gioavanni Paolo), marcia di wagner, no perchè è commerciale (!), aria sulla quarta corda, no perchè non è liturgica…in procinto di autosodomizzarmi con una panca della chiesa lì pronta alla bisogna, chiedo lumi al musicologo in lack di consigliarmi lui…occhio…”Dolce sentire” mi dice con gli occhi retroilluminati da una americana da 1500 watt…casco dalle nuvole: sembra la marca di un vibratore al neoprene…e invece no! è quell’inno molto ciellino (CENSURA) che è conosciuto dai più come “fratello sole sorella luna” (non è un pezzo di jovanotti…chiariamo…)…la mia educazione da conservatorio mi fa venire un travaso contabile di bile…dio mio…suonare su un organo da 100 fantastiliardi una melodia del genere…con a disposizione 8000 canne (per il socio che ha scritto prima…non si potevano fumare…), 100 registri, tre tastiere, una pedaliera che ci volevano i trampoli per suonarla..vabbè..poi mi propone una serie interminabili di canti da boy scout..al che gli annuncio solennemente che devo sentire la sposa…
“il padre della sposa”
..da Foggia..alto, ciccione, con un riporto che senza bostik gli sarebbe arrivato per lo meno al primo ombelico..sudato..agitato..qualche bypass sparso per il corpo mi dice che non gliene frega niente del prete, che la sua bambina vuole sposarsi come fanno negli “uessei”..che glie potevo dì?..
nulla..abbassi la testa e dici: casomai il prete mi scomunica..ma chemmefrega, poi agli sami di riparazioni, mi ricomunicano…contatto il mio fido collega flautista e prepariamo il nostro repertorio da matrimonio “come fanno negli uessei”
“proprietà curative della cannabis”
…rriviamo in sede, eleganti, battaglieri, occhiali scuri..sgaiattoliamo come dei ninja sull’organo…chuidiamo a chiave la porticina che dà l’accesso alla sala del mantice..e scaldiamo gli strumenti..la cantante ha dato forfait..poco male, il prezzo è quello e ci dividiamo la sua parte da buoni soci a delinquere..sguardi di intesa tra me ed il mio socio e piccole risate nell’osservare il reparto fauna form puglia a sinistra e fauna from manerbio (ebbene sì, brescia x foggia) a destra…estrazione sociale alta da entrambe le parti: ciascuno dava la propria imnterpretazione personale all’evento…miriade di zie vestite ancora a lutto con velo annesso sulla sinistra (secondo me i mariti li accoppano), miriade di tuse da 150 kg con accento alla rubagotti sulla destra…scriviamo una nuova pagina di musica liturgica, avvicinandoci alla dodecafonia, quando nostro malgrado scopriamo che l’organo e il flauto non si intonano, perchè in base a calcoli dell’ingegnere aerospaziale che ha restaurato l’organo di recente, per sopperire agli sbalzi di temperatura e dare una intonazione media bisognava accordarlo a 448 hertz..boh? un po’ io suono trasposto un po’ il mio socio…
“prendo te…bla bla bla”
si sposano…cosa c’è di più divertente per un musico assistere con un bel sorrisone al matrimonio..vederli che si scambiano gli anelli ed effettuano tutti quei rituali, che alla fine comunque sfoceranno in un contratto bello e buono scaturito dalla riforma del diritoo di famiglia..151/75…quante ne so…problema: la predica è unghissima, il prete bonsai che si sono portati da ostuni continu a apsarare minchiate..al che io e il mio fido collaboratore decidiamo di far su qualche cosa di interessante…splendidi come il sole andiamo nella sala del mantice per aprire la porta…ops…
PANICO!!
la porta non si apre…cerchiamo di vedere il mondo sotto un’altra prospettiva e ci guardiamo con espressione da basset hound…no porta aperta, no party…ma sai com’è…non puoi una volta presa una decisione così’ importante lasciarti rovinare la festa per un particolare così insignificante…che si fa? …si rolla lì sul post, si chiude la porticina che dà all’organo e alla chiesa e….EWWIWA! …stanza del mantice mooolto piccola, soffitto basso…niente finestre…paticolari imbrazzanti sul tipo che avrebbe dovuto suonare messa dopo di noi ci assalgono, ma intasati ed oberati di fumo nordafricano, cerchiamo di non farci caso.
il mio socio, con fare solenne mi porge il collirio, perchè gli occhi praticamente sanguinavano..decidiamo di ritornare sull’organo in occhiali scuri..ok..
la logorrea del sacerdote ostunese (sarà poi giusto?..boh) volge al termine…l’atmosfera si fa calda..si avvicina il momento clou..scambio degli anelli e parole a fiumi…
ma cosa vedo? in stile “domino” l’area di sinistra estrae fazzoletti bianchi (o neri, a seconda della situazione obitoria) ed esegue magistralmente un concerto grosso in fuck tonality per nari sinusoidali..il tutto con la dominante con quinta eccedente che non risolve, provocando ansia sull’ala di destra, che composta osserva con un po’ di sdegno i “teroni” che lasciamo vibrare le loro emozioni..un bambino dalle parvenze di Frodo indica con sospetto misto a paura una vecchietta naturalmente tirata a lutto, che assomiglia a gollum..reminiscenze tolkeniane….
organista e flautista, catapultati in una situazione paradossale e surreale, e sotto gli effetti di stupefacenti leggeri, risolvono l’empasse…scoppiano a ridere come due coglioni e si inginocchiano dietro la sponda dell’organo per non farsi vedere..la risata è fragorosa e sguaiata..cala il silenzio..nessuno si soffia più il naso..timidi i nostri intrepidi fanno capolino dall’organo e vedono una selva di teste rivolte verso l’alto, mentre gollum si fa il segno della crocee il piccolo frodo li elegge a suoi miti personali indicandoli saltellando…
…
basta là…
…basti sapere a tutti coloro che leggeranno…dopo 11 anni di fidanzamento e 46 giorni di matrimonio, i due piccioncini si sono separati..lei tirando in faccia a lui una pentola a pressione..lui lussandole il rachide cervicale…l’aveva presa per il collo…
that’s all folk
p.s. la ex sposa però…come tromba…