musica: canzone d’autore …
musica: canzone d’autore
Carlo Fava, un uomo flessibile
Quattro musici sul palco e una manciata di belle canzoni. Canzoni d’autore dico. Di quelle che in giro non ce n’è mica tante. Parole assai ben scelte, musica mai banale. Significati ed emozioni grandi e piccole che volano sul bersaglio.
Se dite “ma cheppalle” e state pensando a una cosa trist-intellettualistic-intimista e pesa siete proprio fuori strada. C’è gran leggerezza invece, semplicità, ironia.
Si chiama “L’uomo flessibile” ed è l’ultimo lavoro di Carlo Fava, attualmente in tour con lo spettacolo omonimo.
Questo signore non è nato oggi, intendiamoci (qui e qui due interviste). Ha già i suoi begli annetti di carriera sulle spalle, sul capello brizzolato, sul senso della misura con cui porge una canzone, su una dizione precisa (non a caso di impronta attoriale). Sì perché Fava è anche attore e cabarettista, mi dicono. E magari lo avete visto in tv a Colorado cafè. O magari no.
Annetti di carriera che si notano anche nella professionale serenità con cui l’altra sera al Thunder Road di Codevilla (Pv) ha affrontato un pubblico interessato e attento, ma ahimè numericamente assai poco inebriante. E ha fatto il suo bel concerto, di molte canzoni e di un paio di monologhi. E senza fronzoli e assoli, che le canzoni stan su da sé anche senza. E invece di un bis per intimi alla fine, una birra al banco. Con gli intimi appunto, conversando.
E nelle canzoni trovi “ricordi in bianco e nero”, bicchieri di Cynar, “una pioggia che piove male”, un nonno che “andava un po’ avanti e un po’ indietro”. C’è “un vecchio pensiero analogico”, insomma, che magari non va più di moda, ma quando lo incontri, senti che forse ti mancava qualcosa, un tassello, una prospettiva insomma.
La produzione è firmata da Beppe Quirici e ricca di altri validi musici già “fossatiani” (Rivagli, Corsi, Melone).
Se fossimo alla radio, ora vi metterei una canzone. Ma dato che siamo su un blog, ve ne metto (virtualmente) tre. A voi la scelta. Un calypso dolceamaro sui tempi che cambiano (L’uomo flessibile), un ricordo saltellante di una certa Milano che si è estinta a colpi di Vetril (La malavita non è più), un’ironica rassegna di artisti e di mestieri (Cofani e portiere). Quest’ultima, tra l’altro, sigla ideale – IMHO – di trasmissione radiofonica o rubrica culturale.
Carlo Fava, insomma. Lo dicono l’erede del teatro canzone alla Giorgio Gaber. Un’eredità che non gli pesa, direi, ché il ragazzo resta leggero.
E flessibile, appunto.
bel post, il disco mi è piaciuto, la descrizione mi sembra efficace, per vedere quanto possa calzare l’accostamento a gaber aspetto di vederlo in teatro, saluti
che tra l’altro tutti i venerdì alla salumeria della musica, a milano, con ospiti (pacifico, lolli etc). Anche oggi eh (con riccardo tesi, fisarmonicista)
eh già… beati voi milanesi… Godeteveli.