cinema & brand: patti chiari,…
cinema & brand: patti chiari, visibilità lunga
Il product placement ieri, oggi, domani
Credo sia un buon segno che sia l’ottuagenario Morando Morandini (classe 1924), critico cinematografico tra i più noti, a firmare su Film TV (non online) nella sua rubrica "Ieri, oggi, domani" un breve ma significativo "sdoganamento" del product placement cinematografico.
Intendiamoci: da un punto di vista culturale e autoriale, teoricamente è corretto temere un’invasione dei brand nei film nostrani, privati dei finanziamenti statali. Però bisogna saper andare oltre. Un product placemente regolamentato e trasparente – e oggi in Italia lo è – è assai meglio della jungla del cambio merce o del mercatino sottobanco di un tempo. Può arrivare a sostenere fino al 10% del budget del film e alcuni esempi recenti di scuola USA (Minority Report e Fight club ma anche altri) dimostrano che può essere fatto con classe e creatività. E senza che lo spettatore lo viva come un’invasione.
Morandini scrive che ha saputo del placement di Tim in Quo vadis baby. Che ha visto il film (apprezzandolo) e senza accorgersi dei loghi. In pratica non li ha visti e non l’hanno disturbato. Ma, lo scrive lui per primo, un altro target probabilmente li avrebbe anche visti e a suo modo "recepiti". Morandini conclude che "l’operazione chirurgica è stata fatta bene".
Quindi bravo il critico che si dimostra privo di preguidizi. E brava anche l’agenzia Camelot che ha fatto il placement nel film e poi assai per bene anche il "placement" del relativo comunicato.
Per chi volesse capirne di più, online c’è questa relazione assai completa del prof Dalli, Università di Pisa.