Mantova: un solo weekend, tante passioni
Ebbene, diciamo finalmente di Mantova, “Segni d’infanzia”. Un weekend meditato e meritato. E personalmente bellissimo.
Che poi forse parte della sua bellezza è proprio nel fatto che non conoscevo Mantova. Quindi mi hanno stupito tutte le cose che non mi aspettavo: la bellezza e l’atmosfera del centro, la cortesia delle persone, la tranquillità della città, l’ospitalità di un vecchio amico (e del suo fratello windsurfista-naturista.
E va detto che abbiamo imbroccato due splendidi giorni di sole che a novembre sono inatteso cacio sui maccheroni.
“Segni d’infanzia” è un piccolo grande festival a misura di bimbi. Grande qualità: sia nei tre spettacoli visti, sia nel lavoro attento dell’organizzazione si vede che è una macchina che lavora e cresce sana.
Unica pecca: la mancanza sul sito di vere informazioni sugli spettacoli. Un festival per bimbi non può diffondere il proprio programma attraverso un documento di solo testo. E io genitore come scelgo? Sul posto poi per fortuna c’è una brochure perfetta, colorata, ricca. Bastava metterla in pdf sul sito. A meno che non ci sia dietro un pensiero tipo “meno siamo meglio stiamo, psst non ditelo in giro”. Nel caso me lo si dica e appena la fate, il mio amico ospitale mi spedisce la brochure e sto sereno.
Tre spettacoli, tra loro i più diversi. Il primo, La casa dei divieti, di Dario Moretti, così strano, in bilico tra il rimprovero e la fantasia. Uno spettacolo forte, coraggioso: soprattutto perché pensato per un pubblico “dai tre anni”. Ho pensato che il teatro per l’infanzia non deve sempre fare ridere.
100 kg e i suoi elefanti (v. foto) era una magia. Al buio, in uno spazio poco più ampio di una stanza, un attore solo, usando solo il francese e una ventina di parole italiane, ci ha portato al circo. Con tutta la forza, la nostalgia, la tenerezza dei suoi ricordi. Musica balcanica, cerchi infuocati, trapezisti, equilibristi, acrobati ed elefanti incontinenti. Ho pensato che il teatro per l’infanzia può anche far commuovere i grandi.
“La pigna minigna scattigna” non era un spettacolo vero e proprio. Era Giovanna Marini con la chitarra. Una nonna che insegna le canzoni e le filastrocche che ha imparato a sua volta da altre nonne. Storie di migrazione, di lavoro, di guerra e di libertà. Ho pensato che il teatro per l’infanzia deve contenere anche un po’ di passione. Politica, sociale, umana.
Beh poi non sarebbe stato così bello se Mauro non ci avesse portato:
– a cena alla Casa del vino di Pampuro, dove ho lasciato il cuore sulle bruschette e sulla trippa.
– a pranzo all’Osteria Tripoli, il cui oste Moreno conobbi gastroacrobata in una vita precedente. In quest’osteria che diede il nome al paese che la ospita, che spaccia libri e ospita quadri e musici, personalmente ho goduto di un gnocco fritto commovente e il luccio in salsa lo sogno ancora la notte.
– a fare acquisti (caseonarrativi o bibliocaseari) al Pensatoio in rete, che se entri di qui è una libreria e se entri di lì un negozio di formaggi. Profumo di libri da un lato, di cacio dall’altro.
Ok e dunque: oh Mantova, quando ci si torna?
La splendida foto di scena qui sopra è di uncoolrachel, grazie!
….il tuo racconto e’ piu’ sensuale ed avvincente di un dipinto di Monet e la famiglia Baraldi,naturisti e non,ringrazia per le belle parole spese e per il fine settimana divertente….Spero comunque che il cosi’ gradito alla famiglia Callegari,soggiorno mantovano,nn abbia a ripetersi piu’ di una volta l’anno perche’ non saprei come sostenere le spese del riscaldamento…:-)…(battuta per pochi).:-)
A presto..Maurin
ehi non scherziamo: non siamo certo stati noi a creare un’atmosfera da jungla tropicale in casa! 🙂