Fedina penale familiare
– Papi, ma qualcuno della nostra famiglia è mai stato in prigione? Ma non in gita eh, in prigione davvero perché aveva fatto qualcosa o magari anche per qualche sbaglio, cioè qualcosa che non aveva fatto lui davvero, dico…
(Quello che c’è stato in gita sono io. Ai tempi dell’università, un bel giorno di marzo con tutta la truppa dell’istituto di Penale, una bella gita a Torre del Gallo).
– Beh… Alice a dire il vero sì, certo che sì. Il nonno Mario, tuo bisnonno, per esempio è stato qualche giorno in prigione ma tanti anni fa perchè nella sua edicola di piazzale Baiamonti vendeva dei giornali che non si potevano vendere…
– Come che non si potevano vendere?
– Ahem… perché erano di un altro paese e allora era proibito in Italia vendere i giornali stranieri. (Ometto il fatto che si trattasse di pionieristiche pubblicazioni svedesi, vietate nei nostro anni ’50 perché contrarie alla pubblica morale).
– E poi nessun’altro, papi?
– Oh come no. L’Armando. Il fratello di quel nonno lì. Morto a Milano molto giovane – abbasso la voce – in una sparatoria…
– Una sparatoria?!?
– Stttt… con la polizia.
– Wow! E tu lo sai cosa aveva fatto?
– No, però lo scopriremo…
Anch’io ci sono stata, non proprio in gita ma a lavorare. A fare gli esami ai detenuti che avevano fatto un corso di AutoCad, sia a quelli del carcere Due Palazzi, con condanne definitive anche molto lunghe, sia a quelli della Casa circondariale, tutti ragazzi giovani e con diversa prospettiva sul futuro. E’ stata davvero un’esperienza: cancelli, cancelli e poi ancora cancelli e non potevano usare una penna durante i corsi. Era da un po’ che non ci pensavo più.
ebbene, io qui nel post l’ho messa in burla la mia gita al carcere ma è stata sicuramente la cosa più interessante e umanamente significativa (l’unica?) di un intero corso di laurea.