Post vacanze 12: bike & freedom
E infine un giorno, stanco dei ritmi slow imposti da famiglia e creature, ho respirato la libertà.
Sì, sì cazzo: ho agguantato una mountain bike che le facevo il filo da anni e ho pedalato per i pradiei. (Che sono uguali ai prati padani però in pendenza).
Col vento nei capelli, come piace a me.
Boschi e sentieri, prati e sterrati.
Da anni mi chiedevo come sarebbe stato pedalare per quelle lande. Ero più che entusiasta, ero quasi infoiato. E mentre pedalavo e scendevo e salivo pensavo che quella bici me la dovevo comprare. O noleggiare per l’intera settimana. O portarne su una, lì al paesello. Insomma, mentre salivo e scendevo – ma soprattuto scendevo – capivo che quel pomeriggio era una scoperta, un’epifania, che la montagna per me non avrebbe più avuto senso senza due pedali sotto i piedi.
E improvvisamente ho realizzato che mancava solo mezzora alla riconsegna della bici e che salendo e scendendo ero sceso molto, molto. Molto a valle.
Ho imboccato la salita imprecando e sputando maledizioni. Riconsegnata in tempo record la bici, avevo i crampi, il culo dolente e all’incirca un paio di kg in meno (spero).
Mi sono immerso in una fontana del paese e ho deciso che sì la bici era bella ma anche continuare a vivere in definitiva aveva il suo perché.
Sono passati 20 giorni. E ho ancora mal di gambe.