#inArena con i bambini: Madame Butterfly (e quello stronzo di Pinkerton)

 

No, non sono pazzo. Porto mia figlia di 6 anni all’Arena di Verona. A sentire l’opera. 

È una questione di bellezza. I più giovani devono conoscerla. La bellezza è dappertutto, se la sai cercare e ne sai godere. I più giovani devono poterla vedere, toccare, ascoltare.

Non sempre la bellezza è semplice, accessibile. Certa bellezza è difficile, talvolta. Ma non è mai impossibile.
I bambini sono molto più curiosi, aperti e sensibili di quanto molti di noi adulti pensiamo.
Certo, di fronte a un’opera d’arte complessa (come il melodramma), i bambini non potranno probabilmente cogliere tutto, ogni sfumatura, ogni aspetto.
Già, ma qualunque adulto che davanti all’arte, pensi di cogliere davvero tutto, è un tipetto presuntuoso. I più giovani in definitiva sono come noi: di fronte alla complessità della bellezza, ci portiamo a casa solo quello che cogliamo. Ma anche loro, i piccoli, hanno le capacità e il diritto di cogliere.  
È vero, hanno bisogno di qualche dritta iniziale. Non posso portare mia figlia all’opera senza averle raccontato per bene che tipo di spettacolo andiamo a vedere.
Tanto più che non essendo un melomane, è un mondo tutto nuovo anche per me. Ed è un mondo che non mi può mancare: come persona curiosa, come appassionato di storie, come musicista. Quanta roba c’è da scoprire che io non ho ancora scoperto.
E dunque la gita è una nuova storia da raccontare. Anzi, molte più di una sola.
Perché andare in Arena non è esattamente come andare in un altro teatro. È un teatro romano, di quelli dove andavano in scena le commedie con gli uomini vestiti da donna (perché? Mo te lo spiego). E qualche volta magari anche i gladiatori: quelli sì che dovevano avere l’X Factor per uscirne vivi. Pane et circensem, esattamente come oggi. (Che significa? Mo te lo spiego.)

Poi da 101 anni, all’Arena si canta. Perché un pazzo di tenore veronese una sera del 1913 ha provato l’acustica e miracolosamente una struttura in pietra di secoli prima, costruita per tutt’altro scopo, si è rivelata è perfetta per la una musica che allora non esisteva.
E da allora in Arena vanno in scena ogni estate tutte le opere più importanti. Su questo palco enorme sono passati i più grandi cantanti e direttori d’orchestra del mondo. 
(No, stella, la tua maestra di violino Silvia non ci ha ancora suonato).
E via così. Una storia dopo l’altra. E così siamo finiti a vedere Carmen. E dato che eravamo ospiti di Fondazione Arena di Verona, abbiamo girato in lungo e in largo il backstage: che poi sono gli antichi “sotterranei” dell’Arena trasformati in camerini, magazzini, locali trucco, attrezzi ecc. Lì dove si incontrano i ragazzi del coro, già tutti in costume, dove si possono vedere pezzi di scenografia che entreranno sul palco più tardi. Lì dove si mescolano comparse in costume antico che smanettano sugli smartphone, pezzi di allestimenti di opere diverse, musicisti che accordano, ecc. 
E hai la sensazione di una enorme macchina da spettacolo, capace di lavorare 24 ore su 24 per mettere in scena ogni giorno un’opera diversa.

 

Ci faceva da cicerone l’ottimo Maestro Fapanni, Direttore musicale di palcoscenico. Ecco, questo è un signore che lavora in Arena da qualche decennio e come potete intuire ha millemila storie da raccontare. La cosa speciale è che è capace di raccontarle anche ai bambini, perché proprio nel suo lavoro (questo signore va nelle scuole) c’è anche una parte di divulgazione per i giovani. Così, quel giorno ha chiamato al piano le più giovani della compagnia (5, 6 e 8 anni) e ha affidato a ognuna un tasto e un ritmo e in men che non si dica ha eseguito con loro la habanera: era o no il germe e il senso di una piccola orchestra?
Quanto è piaciuto a mia figlia di 6 anni venire all’opera? Tanto. Anche se ovviamente dopo due atti si è placidamente addormentata, sono certo che è un’esperienza che si ricorderà per sempre.

Io in Arena ci sono poi tornato con l’offerta dei Tweet-seats, che sono posti a prezzo scontato (10€), molto vicini al palco, che puoi prenotare se hai un canale Twitter (attivo da almeno 6 mesi). Un segnale di apertura verso un pubblico più giovane, abituato ormai a raccontare ogni evento sui propri social (ecco per esempio #inarena su Twitter). I tweet seats sono piuttosto laterali, ma ti fanno sentire quasi sul palco. Quella volta in Arena ho portato la mia amica Clara e sua figlia che non ci erano mai state. Quando accompagni qualcuno che non c’è mai stato, ti ritrovi a vivere anche la sua emozione. Per la grandezza e l’intimità insieme del teatro, per le candeline che si accendono, per il modo in cui nell’aria della sera ti arriva la musica. E per le voci, nude eppure capaci di farsi udire fino all’ultimo gradone là in alto.
Dopo Aida che fu la mia prima, e Carmen che fu con Viola, quella volta vidi Madama Butterfly. E c’è un’immagine che non riesco a dimenticare e riguarda di nuovo la nostra capacità di emozionarci davanti all’opera e soprattutto quella dei bambini.
Alla fine della Butterfly, lei, disperata e delusa da Pinkerton, sta per compiere l’estremo gesto.
A un metro da me, la piccola Diamara, di anni 5 piangeva copiosamente alternando la spalla del babbo a quella della mamma. E borbottava che non era giusto, che non doveva morire lei, perché era stato lui quello cattivo.
Accanto a me la mia amica Clara, di qualche decennio più grande, felicemente mamma e donna, esprimeva lo stesso identico concetto sussurrando ad alta voce il suo mantra: “Pinkerton è uno stronzooo.”
Ecco. Capito la forza delle storie dentro le opere? Che con un minimo sforzo arrivano davvero a tutti, ad ogni livello, ad ogni età?

One Comment on “#inArena con i bambini: Madame Butterfly (e quello stronzo di Pinkerton)

  1. Pingback: All Harrods Promo Code

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.