le biotech che migliorano il mondoDel…

le biotech che migliorano il mondo
Del maiale non si butta nulla, anzi
Gli uomini, è cosa nota, sono tutti dei maiali.
Alcuni lo sono più di altri.






dal paese delle meraviglieIl babbo…

dal paese delle meraviglie
Il babbo autodidatta e l’infiorescenza delle sinapsi

Premessa
Quando io mi lagno del fatto che sto diventando vecchio, non suono più, esco poco la sera, fatico a vedere gli amici, non vado al cine, non scrivo più racconti, scrivo poco anche sul blog, non ho le forze per un nuovo progetto, trombo molto meno, non faccio sport, quando insomma me la meno, normalmente tralascio di dire (e a volte pure di realizzare) che molto tempo ed energia viene quotidianamente investito in un giochino interattivo particolarmente appassionante: la creatura, mia figlia.

Ora, io potrei anche stare qui ore a menarvela sul senso della vita, sul significato di tutto ciò, su quanto sia indescrivibile ripercorrere, riscoprire, riapprendere, riquelchevolete l’universo mondo attraverso la quotidianità con un infante che il prefisso “ri” non sa neppure dove stia di casa. Ché ogni cosa è una conquista e un trampolino da cui preparare il prossimo salto. Tutti discorsi che vi risparmio perché:
A) se siete genitori, sapete già cosa voglio dire e vi annoiate.
B) se non siete genitori, non lo sapete ma vi annoiate lo stesso.
A sentir la teoria vi annoiate, dico. Infatti qui di teoria o di significati non si parla. Qui si parla (si parlerà, ché questa appunto è una premessa-manifesto di una rubrica che ancora non saprei come chiamare) di gioco, divertimento, apprendimento. Un po’ come già si fece qui.

Una creatura è un contenitore di tutto: parole, suoni, gesti, emozioni. Una creatura è un trasformatore di tutto. Prima o poi restituisce tutto. Con gli interessi. Magari rielaborato. Remixato dal metro scarso da cui vede il mondo.

Una creatura è terreno vergine, è infiorescenza di neuroni, è jungla di sinapsi tutte da seminare, innaffiare e collegare. Nella sua testolina è cominciata un’interminabile sessione di “unisci i puntini”: suoni, oggetti, parole, colori, significati, facce, odori, temperature, sapori, tutto.  

 

Digiuno di neurologia e di pedagogia, da babbo autodidatta, pratico con la creatura il più possibile l’esercizio del gioco, della fantasia, dell’immaginazione.
E, signori, occorre forse che ve lo dica per iscritto? Mii diverto un tot.

(continua)














prestigiose onorificenzePoverino’s?- Una…

prestigiose onorificenze
Poverino’s?
– Una madre di famiglia al lavoro (editoriale) su una scena soft (?) core.
– L’ossimoro di un pubblicitario con la coscienza.
– La meticolosa preparazione di una cenetta romantica tra adolescenti. Guastata dal tristo destino.

Per votare c’è tempo ancora fino alle 11. Se passate dopo andate comunque a leggervi i post.








musica suonata Giochi senza frontiereLoro si…

musica suonata
Giochi senza frontiere
Loro si chiamano “PG Time” e fanno un repertorio di solo Peter Gabriel
. Fino a qualche mese fa non esistevano. In quattro avevano base in Veneto e io manco sapevo chi fossero. Poi gli si ammala il cantante in prossimità di una data e trovano il quinto.
Che è mio fratello
Teo. Che in questo caso, come capita sempre quando gli proponi qualcosa che sposa i suoi non facili gusti, tira fuori quei due grossi maroni musicali che c’ha e lustra le corde vocali per le grandi occasioni.
I “PG Time” hanno fatto qualche data nel nord-est e accompagnato (e
jammato con) il trio di Rachel Z, la tastierista di Gabriel che ogni tanto passa in Italia.
Sabato 20 novembre suonano a Milano al North Carolina, via Durando, zona Bovisa, mi dicono sia davanti al Politecnico.
Qui da Pavia si fanno 2/3 macchinate, ora spargo un po’ la voce tra i blogger musicanti o gaudenti o nottambuli. O tutte e tre le cose insieme.
Ci si vede là.










musica suonata Robe da matrimonioUna ventina…

musica suonata
Robe da matrimonio
Una ventina di giorni fa ho rimesso insieme due quinti della vecchia band (il fratellino) e siamo stati a suonare a un matrimonio. Ora, la nostra lunga e comprovata esperienza ci insegna che ai matrimoni capita un po’ di tutto nel bene e nel male. L’ultima volta, solo per dirne una, appena deposti gli strumenti e lasciato spazio al cd, un’invitata scivolò danzando, si librò agile nell’aria impanicandoci gli sguardi e infine atterrò il suo rotondo e generoso culone sulla chitarra del mio socio, sbriciolandogliela. Tralasciamo che era la prima chitarra, quella che come il primo amore non si scorda mai e passiamo al presente. Giusto per segnalare due episodi inediti e comunque di segno assai più positivo.

1) Durante l’aperitivo mi si avvicina un signore che mi chiede l’Internazionale. Immediatamente ne metto alla prova la serietà e il tasso etilico simulando una mezza sordità (“Come dice? Oh certo, musica internazionale senz’altro”). Persevera. Allora gliela canticchio per esser certi che parliamo della stessa cosa. Epperò – con una certa cautela ché è un omone – gli gorgheggio l’inno di Forza Italia (“pa pa pa paaa paaa”). Lui sembra poco convinto. Aggiungo le parole: inorridisce, rischio un ceffone, mi riallineo. Capisco che fa sul serio e sa il fatto suo. Intanto mi dicono dalla regia che il è il babbo dello sposo, diamine: obbedisco. Gli chiedo come comportarmi nel caso qualcuno mi chieda per par condicio per esempio “Giovinezza” e lui dice in bergamasco di allungargli subito una sonora pedata nel culo. Bien, perfetto.
In conclusione l’Internazionale viene eseguita in sol maggiore due o tre volte durante la serata. Lui che è seduto almeno a trenta metri e ha anche altro da fare, la becca sempre: annuisce, alza pugno o bicchiere a seconda dei casi. E direi che son soddisfazioni.

2) Capita sovente che qualcuno salga a cantare uno o due pezzi. Si dice “salga” anche se spesso non deve salire proprio da nessuna parte, ché nei ristoranti com’è noto manca il palco. Capita anche di accogliere qualcuno che sa il fatto suo: meglio. In questa occasione capita che si proponga una ragazza assai carina e che ben presto si scopra che sa cantare. Capita che ella si disimpegni dignitosissima e leggera su “Il cielo in un stanza”. E che tolleri con una certa nonscialanza gli accordi e le armonizzazioni che tu, pianista ormai brillo, le proponi per testarne la sgamatezza e il senso del ritmo. E fin qui già ci si congratulava a occhiate, della serie “bella storia, brava”. Poi capita l’inatteso. La ragazza di nero vestita, dall’occhio verde e dalla parlantina sciolta ci sommerge di complimenti e non paga di ciò, afferma a più riprese – e per venti minuti buoni – di voler entrare a far parte del gruppo. Io le spiego che tecnicamente non c’è un gruppo, siamo due reduci, che ognuno ha le sue storie, che ascoltiamo le cose più diverse, che essendo fratelli ci tolleriamo a stento e che ogni tanto per la pagnotta si fanno ‘ste pregevoli e dignitose marchette. Che insomma chiedere a noi di entrare nel gruppo è più o meno come mandare un cv all’Alitalia. E lei, con nome esotico ma carattere e accento e testardaggine tutta partenopea, insiste in egual misura con entrambi. (Il che dimostra che ella non aveva altre mire se non quelle artistiche, o no?) E alla fine ci carpisce il numero di telefono. E anche se poi non chiama, brava Manila, grazie: ci ha fatto un sacco piacere la tua corte. Chissà in futuro. E se prima o poi ti sposi, naturalmente, chiamaci.










musica ascoltataLe note nell’ariaLa scheda…

musica ascoltata
Le note nell’aria
La scheda “Ascoltando” qui accanto a destra non la si può aggiornare con frequenza.
Solo che – caso strano dato che sono un matusa – mi capita di avere nelle orecchie ben tre cd di roba diciamo contemporanea. E quindi, trombino le trombe, rollino i rollatori, ne do fresca notizia.
Paul Weller, Studio 150:
bene, bravo, disco di sole cover dell’ex Style Council, r&b, soul e qualche episodio acustico. Stavo per scrivere che la voce gli è diventata ancora più bella e rasposa quando leggo che azz… è appena stato ricoverato per un’infezione alla gola.
Ben Harper, There will be a light
: cazzo, se c’è una luce Ben, m’illumino d’immenso.
Kings of confidence convenience: sì insomma quelli lì, carini… ehm devo… ricordarmi yaawn di restituirlo alla Giovannzzzzzzzzz.

UPDATE: marò, neppure i nomi di ‘sti complessi ggiovani mi so imparare ppiù. Ggiovani… sì, che me sembrano Tom&Jerry prima che si chiamavano Simon&Garfunkel.








editoria: viaggi di fantasiaLibri che vai,…

editoria: viaggi di fantasia
Libri che vai, paese che trovi
Quando ho visto questo libro e questo sito, ho pensato: “Olè, ecco una parodia che mancava, quella delle guide turistiche, benvenga.”
E lì per lì ho pensato: “Navigatori, santi, poeti e inventori di paesi inesistenti… Ah, noi italiani…”
Insomma, chissà perché mi sembrava fosse tutta roba nostra. Invece l’han fatto tre australiani, una specie di Gialappa’s dell’altro emisfero.
Qui (ma solo per 15 gg.) la recensione del Corsera.








identità: comunicazione di servizioDue…

identità: comunicazione di servizio
Due scarpe e una capanna
A scanso di equivoci (chè fioccano maliziose richieste di precisazione), tengo a precisare che la ragazza ricciola mora che mi accompagna in una foto è la signorina di Clickati che si è messa in posa al mio fianco. E lì non son venuto neppur troppo bene.

Mi rappresenta un po’ di più invece l’immagine che sta qui, pregevolmente intitolata “la famiglia Burp”.







la posta di BURP!Cara Margherita F,che alla…

la posta di BURP!
Cara Margherita F,
che alla Blogfest mi dicevi di te…
E del racconto eretico che parla male della Madonna, ma è un espediente letterario. Già, ma una suora che ne sa di un espediente letterario?
Che mi dicevi di come all’inizio nessuno ti credeva vera. E anche lì, a quel tavolo che dividevi con gli altri blogger dell’antologia e che ora facevate tutti amici amici e bacio bacio, ce n’erano di quelli che in principio ti avevano creduta un fake e un po’ ferita. E non gli do tutti i torti perchè magari anch’io sarei stato sospettoso, ché qui spesso è il regno dell’anonimato, nel bene e nel male.

Ebbene io ancora non ti leggevo e ho provveduto e un’idea me la sono fatta. E vorrei dirti che dietro le tue calze turchesi e dentro la maglietta degli Smith c’è un’anima dubbiosa, inquieta, ingenua, mutevole, fragile, anche cattiva se serve. Un’anima esattamente uguale a quella di tanti altri adolescenti.
Con l’unica fondamentale differenza che la tua è capace di farsi un giro su una pagina scritta e rendersi interessante.

Detto questo, la precocità di un talento artistica (ne scrivemmo qui e poi qui commentando le imprese di un altro giovanissimo) è un miracolo che va recintato e allevato con cura e rispetto.
E se Io Donna scrive che sei un genio della letteratura tu vai avanti così: intascatelo ridendo.
E poi torna a pedinare passanti e a preparare compilation che nessuno ascolterà mai.

In bocca al lupo di cuore
Zio Burp















speak as you eat, plisAh beh, se è così lo…

speak as you eat, plis
Ah beh, se è così lo compro…
“Su di esse la cantante (Diana Krall, ndr) rimodella il suo registro vocale da mezzosoprano evitando un’evanescenza incolore, accompagnandosi al pianoforte con un lirismo fluido ma chiaroscurale, che sa miscelare la proverbiale sensualità con lo swing rilassato delle ore piccole, calibrando l’arte manifesta della drammatizzazione leggera e preziosa in atsmosfere e armonie avvolte nella seta di un educato sentimentalismo.”

Siete arrivati in fondo? Col fiatone? Vi state chiedendo cosa diavolo avete letto? Un brano di una recensione di jazz (Diane Krall, The girl in the other room, a firma O. F., Musica Jazz settembre 2004).
Già. Poi qualcuno si stupisce che la gente ormai le recensioni se le va a cercare sui blog.