i miei Giochi OlimpiciQuando non volli…
i miei Giochi Olimpici
Quando non volli stringere la mano al Fuhrer
Dorando Petri, Jim Thorpe, Ondina Valla, Jesse Owen, Nedo Nadi, Johnny Weismuller, Wilma Rudolph, Livio Berruti, Abebe Bikila… sono i primi che mi vengono in mente pensando ai Giochi Olimpici. Poi certo, anche quelli che ho visto, da Mennea e Simeoni in giù fino a oggi. Anche se oggi i Giochi sono un’altra cosa. E non parlo delle miserie del doping o delle risse degli sponsor. Sono un’altra cosa visti da adulto, dico. È che da ragazzino hai tempo di goderteli tutti davanti alla tv (ma quando Mennea vinse avevo solo una radio e zompettavo solingo sulla spiaggia di Jesolo tra biondissime vichinghe che ero ben lungi dall’ammirare), di comprare tutte le Gazzette dei Giochi moscoviti, di fare le notti in bianco secondo il fuso, di scoprire sport e paesi e personaggi che mai avresti immaginato, di goderti le splendide cronache notturne dell’atletica che faceva Radio Pop da Atlanta.
E prima ancora, da bambino, c’era un libro illustrato e consunto che mi portavo sempre in vacanza e dentro il quale sognavo – complice un babbo insegnante di ginnastica – un futuro da atleta olimpico nelle specialità più disparate. In realtà non è che sognavo: ero certo che da grande sarei stato un campione sportivo. Se emergere era una questione di disciplina, di sacrificio e di aver sotto due maroni così, io ce li avevo eccome. Per intanto, troppo giovane per allenare i muscoli, allenavo la fantasia: dai 7 ai 13 anni ho collezionato svariate medaglie olimpiche in quasi tutti gli sport, edizioni e continenti. E dove quelle medaglie non erano d’oro era perché Jesse Owen era il figlio del vento e Johnny in fondo era già un po’ Tarzan, mica potevo batterli proprio io.
A queste cose penso quando leggo sui giornali, tra le cronache, i pezzi sui campioni del passato: Berruti e Crosa sul Foglio di questi giorni e anche Jim Thorpe, il primo squalificato per professionismo (Stoccolma 1912) quando ancora lo sport olimpico era solo dei dilettanti.
Giacomo Crosa, sì, proprio lui quello di Mediaset: miglior piazzamento italiano di sempre nel salto in alto, 14° a Messico 1968, con 2 metri e 14 cm. Quel giorno, mentre io muovevo forse i primi passi aggrappato al divano, un signore chiamato Dick Fosbury rivoluzionava lo stile del salto in alto. Qualche anno dopo, capii di dovere a Mr Fosbury nell’ordine: un grosso bernoccolo, una signora figura di merda, una tattica per far colpo sulle donne.
Continua?
tentazioni estive nella città desertaSenza…
tentazioni estive nella città deserta
Senza Nemo, mi consolo
Dopo un panino veloce, sbatto contro la vetrina della Feltrinelli di c.so Buenos Aires.
Nemo, non ti preoccupare, domani sono da te. Mi piaceva vedere le tue avventure a blocchi di dieci minuti al dì, con il cuffione super e lo schermino mini, mi piaceva anche se è la versione inglese del dvd l’unica visibile a scrocco. Comunque ho 10 minuti e mi infilo alla Libreria del Corso, attratto da un cartello che non lascia dubbi: -30% su tutti i libri.
Rapido giro di tentazioni (cosa pensavate eh?) e me ne torno in ufficio con “La sottile linea scura” di Joe Lansdale e “La super raccolta di storie d’avventura” a cura di Michael Cabon. (Qui, la recensione di Genna, scoperta ora. Ma io la leggo dopo il libro).
Se penso che ho risparmiato 9 euri mi passa quasi il senso di colpa per averne spesi 22 in un botto solo. E poi magari uno dei due libri diventa un regalo per uno dei prossimi compleanni ci cosanguinei in arrivo.
Per inciso, dato che è un post sui libri: oggi ho incontrato l’ennesima persona – ennesima significa la quarta o la quinta ma mica son poche – che leggendo questo blog si è incuriosita di un libro, se l’è letto e mi ringrazia. Io ringrazio lei, loro insomma, e metto tutto da parte per quando mi presenterò a una casa editrice: signori, qui c’è il mio manoscritto e qui la lista dei romanzi che avete venduto grazie alle mie dritte, ora decidete voi: pubblicatemi, datemi una percentuale, un lavoro, offritemi una cena, una pizza, una birra…
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Come dite? Un caffè? Ok dai vada per il caffè. Posso averlo corretto? Non avete fondi?
Caffè normale, grazie.
comunicazione di servizioPostare o non…
comunicazione di servizio
Postare o non postare, questo è il problema…
Esauriti gli arretrati vacanzieri, si pone il dilemma: postare day by day quel poco di interessante che appare sui giornali agostani? Per chi? Per quei pochi fedeli curiosi che vengono a curiosare anche in questa settimana? Lo farei volentieri se dopo il Riformista anche il Foglio non ponesse barriere al libero sfrucuglio del proprio archivio. Rimandare alla prossima settimana, tenendo da parte i link di una rassegna che salvo eccezioni tra pochi giorni sarà vecchia? Una rassegna, ho scritto. Sì, perché BURP una volta, al suo esordio ma per parecchi mesi successivi, segnalava molte più cose dai giornali o dal web (controllare gli arretrati per credere). Poi pian piano, i post di natura più personale hanno si sono intersecati con quelli diciamo “di rassegna” senza che ne sia stato enunciato il motivo e soprattutto senza che la gente che passa si sia sfranta i maroni degli affaracci miei, anzi. Mesi fa meditavo su cosa fare di questo blog, come evolverlo verso una cosa più professionale e quindi di nicchia o verso una cosa più personale di tutto un po’, incasinato e senza meta come la mia vita e i miei gusti. Senza bisogno di una decisione precisa, ci siamo evoluti verso la seconda delle due. Però passando mezza giornata sui quotidiani ci par brutto non segnalare nulla. Solo che c’è come dire del lavoro da fare, una vita da vivere, altri progetti in ballo. In realtà non ho ancora ripreso a leggere neppure i blog che frequentavo quotidianamente. Manca il tempo e vorrei tener fede alle intenzioni di riuscire una buona volta a selezionare, ad amministrarmi meglio il tempo. Tutto questo sproloquio per non dire nulla. Cioè solo per dire che il problema me lo pongo. Poi, come sempre, lo risolverò day by day a seconda di cosa ho mangiato la sera prima, di quanto ho dormito e di quante cose interessanti trovo nel mio quotidiano spulciare. C’era la storia dell’amante di Calvino, un bel pezzo sui blog diaristici (segnalato a Cave blog, ma per ora senza esito), un’intervista a Efraim Medina, la rubrica di Guia, varie storie olimpiche degne di nota, altro che ho messo da parte nella cartella “cose da postare”.
In effetti, una soluzione per tener dietro a tutto ci sarebbe: il doping.
Già, ma se mi fanno un controllo a sorpresa?
Semplice: cado in moto e mi imbosco in ospedale.
Alt. Non ho la moto.
del rianimare le parole, scoperte epocaliDi…
del rianimare le parole, scoperte epocali
Di quanto bene mi fa a me la Tosse
Ogni volta che vedo uno spettacolo del Teatro della Tosse (una volta l’anno da sei anni d’estate ad Apricale), me ne torno a casa con la curiosità di andarmi a cercare e leggere i testi da cui è stato tratto. E si tratta di materiali a volte notissimi (Decamerone, Manzoni, Inferno dantesco) altre volte a me sconosciuti (“La leggenda aurea” di Jacopo da Varagine). Stavolta toccava alle poetesse italiane del Cinquecento e ai “marinisti” barocchi. Roba che se uno leggeva una locandina con questi riferimenti difficilmente si arrampicava fino ad Apricale, credo. E infatti, i teatranti sgamati hanno usato un titolo poco intonato, ma assai più accattivante: “La notte dei menestrelli – Con grande festa barocca”. Bello, interessante, stimolante. Come sempre insomma. E così oggi (post scritto in treno una settimana fa circa, ultimo degli arretrati estivi) io sarei tentato dall’andare a ripescare le liriche di Gaspara Stampa o Vittoria Colonna o Elisabetta Terracina. Di rileggermi passo passo quella poesiuola zozza del Metastasio. Poi però lo so come va a finire: che quei testi che all’ascolto parevano così immediati, me li devo leggere e rileggere per capirli e spianarne i nodi. E ahimè non scorrono minimamente simili all’altra sera. E insomma mi perdono un sacco della magia che mi aveva spinto a cercarli. E quasi tutte le volte, deluso dalla mancanza dell’incanto, finisce che mi dico “Bah, cheppalle” e metto su un cd, o un fim. Oppure un risotto.
Ecco ora dopo aver scritto questa cosa, che vorrei suonasse anche come elogio a quanto sono bravi e importanti i teatranti tutti, ma in particolare questi qui della Tosse, a gestire e rianimare per noi volgo del materiale anche assai arduo, mi perito di aggiungere che rispetto all’acqua fredda, quella calda è senza dubbio più utile all’uomo nella sua quotidianità: la maggiore temperatura, variamente ottenuta, la rende assai più efficace sia nelle operazioni di pulizia che in cucina.
dal paese delle meraviglieCuoricino…
dal paese delle meraviglie
Cuoricino prematuramente spezzato
Telefono al mare alle mie donne e incoccio il momento esatto in cui la coppia di amici-vicini di casa con bimbo sta partendo. L’ultima settimana, Miki e la creatura sono stati inseparabili.
Lei è in sottofondo che chiaggne disperata e urla: “Lassiami, lassiami, vojo andare da Miki, noooo, Miki, noooo…” La rassicurano, la trattengono a forza, ma lei non smette. Alza la voce. Prova qualcosa che non sa come si chiama, dolore, paura, credo.
Terribile. Non hai neppure tre anni e già piangi a squarciavoce per la partenza di un uomo.
– No che non le voglio parlare io… Vuoi mica che associ la presenza paterna a questo tragico momento di separazione? Guarda che Edipo, Freud mica sono balle eh? Si fanno dei disastri con ‘ste cose qui…
Chiudo il telefono e riprendo la mia impresa, solo sui viali della metropoli infuocata di afa, a cercare un accendino o dei fiammiferi che i tabaccai 24h non smerciano e che non posso – e che diamine – scendere in strada ogni ora a chiedere da accendere ai passanti.
– Scusa, hai per caso dei fiammiferi?
– No, mi spiace – La ragazza del chiosco dei panini mi guarda con tenerezza. Le spiego il problema fuoco. Fruga nei cassetti mi guarda e poi aggiunge.
– Ma… scusa se te lo chiedo ma… è per questo che hai pianto?
– No, è mia figlia che sta male. Sta male per amore.
– Tieni, ti do il mio accendino, tienilo…
Del fragore del frugare tra i ricordi di plastica
A tutti prima o poi ricapitano in mano alcuni giocattoli della propria infanzia. Io, che mi ricordi, ho avuto il periodo Lego, il periodo macchinine, il periodo soldatini & modellini (con annesso breve periodo Big Jim & Barbie), il periodo Subbuteo, il periodo giornalididonnenude (con annesso lungo periodo pippe).
Il periodo trenino elettrico è durato un Natale, il periodo Dolceforno è rimasto un mio torbido desiderio inevaso e colgo l’occasione di ringraziare Babbonatale o chi per lui. (Avrei voluto inserire qualche link almeno per i più giovani che magari non sanno di che parlo, ma neppure su pagine70 trovo qualcosa sul Dolceforno.)
Ora che li ho scritti e scavati fuori mi rendo conto che alcuni di questi periodi andrebbero raccontati. Forse non qui, forse dal lussuoso strizzacervelli che un giorno, una volta ricco sfondato, mi concederò. E comunque per farla breve, rinnego solo il periodo Subbuteo (tempo realmente buttato). Il periodo Lego, cazzarola, credo non sia ancora finito. Me ne accorgo quando da un baule al mare riemergono due scatoloni di pezzi sparsi di varie epoche. Me ne accorgo quando me li litigo con la creatura. Quando ficco le mani sul fondo dello scatolone per smuovere il grosso e cercare i pezzi piccoli sul fondo. Quando frugo con le manone e risento il fragore del maremoto di plastica, lo smottamento colorato dei pezzi. Quando ragiono su come risolvere un problema: la punta bifida di un’astronave può diventare una mostruosa dentatura? Quando trovo i pezzi più anziani: sotto hanno una x (e non il pallino), sono solo di tre scoloriti colori. Quando un pezzo particolare (un reattore, una portiera, un rosso trasparente da uno) mi rimanda lo stupore con cui lo contemplai per la prima volta figurandomene gli utilizzi. Me ne accorgo, infine, quando consegno alla creatura un drago rosso con la bocca aperta e i dentoni fuori e gli occhi gialli trasparenti e lei lo guarda e dice “Beeello” e poi lo scaglia in pezzi sul pavimento e dice: “Fai l’asino di Shreck!”.
Levo alto al cielo il mio raglio di protesta.
Update: un’angelo con l’apostrofo giallo è svolazzato tra i commenti e ha saggiamente indicato la retta via per il Dolceforno. Tributatele un pensiero. O una scatola di biscotti. (Grazie anche a latartaruga che ha provveduto nell’identico modo, ma correttamente, secondo natura insomma, con minor tempestività.)
comunicazione di servizioSbadatamente…
comunicazione di servizio
Sbadatamente vostro
Bene, per questa prima settimana di blogging agostano pensavo di dosare, col ritmo di un paio al dì, quelle quattro cosette che avevo scritto in vacanza. E avevo anche iniziato bene.
Certo che se poi mi dimentico a casa il cd…
In giornata, tempo permettendo, alcune segnalazioni dai quotidiani.
estate & lettureScene dai libri letti in…
estate & letture
Scene dai libri letti in vacanza
Una cabarettista che di fronte al tradimento della sua amata dimostra scarissimo sense of humor, una picciotta silenziosa tutta curve e rancore che si deve vendicare del gran male subìto, un paio di bimbi che salvano gli animali dello zoo di Milano, un noto commissario siciliano che prima va a letto con una certa Mery e poi si invaghisce (e il lettore con lui) di una certa Olinda, una donna trovata morta in una portantina, un’investigatrice che si ferisce e simula il ciclo per non doversi accoppiare col cattivo suo antagonista, un toro che sbudella una guardia tedesca immobile per senso del dovere, un anello magico che trasforma tutto in cacca, un ragazzo coraggioso nelle mani dell’Inquisizione, un pazzo che uccide un cefalo con un colpo di pistola alla testa (con silenziatore però).
“La prima indagine di Montalbano”, Andrea Camilleri
“Calendar girl”, Stella Duffy
“L’incredibile storia di Lavinia”, Bianca Pizorno
“Purezza di sangue”, Arturo Perez-Reverte
Come al solito, i libri razzolati in biblioteca hanno avuto la meglio su quelli diligentemente messi in valigia (Avoledo, Philip Roth, Durrenmat).
UPDATE: in treno al ritorno finalmente inizio “L’elenco telefonico di Atlantide”, di Giulio Avoledo. Lo trovo scorrevolissimo, divertente, arguto. E sono solo all’inizio. Mi chiedo perché ho aspettato tanto. Forse ne avevano parlato talmente bene che ero terrorizzato dall’idea che potesse non piacermi e deludermi, bah… Ci torno su quando l’ho finito.
Sette vasini per sette nani
La creatura mi va ormai per i due e mezzo, una signorina. Le tocca lo svezzamento dalla pigra comodità del pannolino, svezzamento tra l’altro necessario all’ingresso indolore alla scuola materna. Suppongo la creatura si sia interrogata su come mai da qualche giorno a questa parte nella sua placida quotidianità ha fatto il suo ingresso – già largamente anticipato oralmente – un accrocchio plastico giallo in forma di ranocchio con zampe e occhini, accrocchio da cavalcare a pelo, una volta privata delle apposite protezioni, accrocchio provvisto di serbatoio bombato atto a ospitare secrezioni più o meno improvvise e volontarie, accrocchio altrimenti detto in lingua italiana col suo nome, appunto “vasino”. La comparsa di detto strumento e la dettagliata provvista di istruzioni per l’uso sono accompagnate da un’amena serie di storie e leggende create ad arte o a volte dall’inserimento della problematica “uso del vasino” nelle storie già praticate.
Esempio. Interno, notte.
– Mi rrracconti una torria? (le doppie sottolineano una già impeccabile padronanza della consonante erre).
– Biancaneve?
– Tì, maperò la fine… (credo che goda a vedere la vecchia regina-strega sparire nel burrone. Il maperò glielo grazio che mica sono il suo prof.)
Incurante della precisa richiesta (che mica sono un lettore con l’accesso diretto alle scene), procedo al racconto di quando Biancaneve, dopo aver ripulito prima la casa dei nani e poi i nani medesimi, così li apostrofa, mani sui fianchi: “Ma voi, ditemi un po’: cacca e pipì dove le fate? Nel pannolino? Ancora? Alla vostra età?” (Non apro qui e ora il dibattito sull’età dei nani). Segue breve ma efficace elogio dell’uso del vasino – è sempre Biancaneve che parla – promesse di benefit (torte alla fragola, picconi nuovi) ai primi che si adegueranno alle nuove norme, ovvia brontolata di Brontolo, starnuto di Eolo, ronfata di Pisolo, intervento accademico di Dotto e gag casinara di Cucciolo. Tutto perfetto direi. Orgoglioso della mia scenetta improvvisata ben calata nel contesto della fiaba, orgoglioso vieppiù del silenzio che proviene dal lettino, mi appresto a uscire dalla stanza certo di aver “addormeducato” la creatura.
La sua voce sveglissima mi blocca sulla soglia.
– Maperò quetto nel film non c’è…
– … ahem… eh già, l’avran tagliata… ma vedrai che prima o poi esce nei contenuti speciali del dvd director’s cut.
– Un’altra torria.
Appoggio la testa al cuscino, riavvolgo, scelgo e poi schiaccio il tasto Play.
– Era una notte buia e tempestosa. I nani inseguivano la strega nella foresta…
estateLe cose che ho fatto in vacanza …
estate
Le cose che ho fatto in vacanza
libri letti: 3
spettacoli di burattini: 1
spettacoli teatrali itineranti: 1
film visti per intero in tv: 1
cinema: 0
calcio estivo in tv: poco
passeggiata serale + gelato: meno del previsto
discoteca: che fai sfotti?
parchi giochi frequentati: 3
spiagge frequentate: 2 (sassi grossi/piccoli, con/senza onda)
uscite a cena: 1
spese alla Coop: 3
tempo di lavoro effettivo: 0
tempo di pensiero di lavoro: più del dovuto
delfini avvistati: numerosi
pescicani avvistati: numerosi
acquari visitati: 1
pipì sul tappeto nuovo: 2
pipì nel vasino: 5
cacca nel vasino: 1
divani trasportati: 1 (troppo)
euro investiti in stabilimenti balneari: 0
euro investiti in giri in giostra: 0
stupefacenti: 0
sigarette: pochissime (e mai da me acquistate)
alcol: morigeratissimo
piattoni di pasta: vabbè mica posso rinunciare proprio a tutto no?
chilogrammi persi: chilogrammi? Persi?
ore di sonno: ottime e abbondanti
uso del pc in prestito: scarso ma in ripresa sul finale
cd masterizzati: 3
cd regalatimi: 2
amici indigeni rivisti: 2
concerti gratuiti: 4 (uno alle ortiche per pioggia)
concerti a pagamento: 0
tempo in acqua: assai
tempo effettivo nuoto: 4 minuti
uso di pastelli a cera: assai
uso dei Lego: moderato e gravido di nostalgie
biblioteca comunale: 4 volte
parole nuove apprese: 2 (guidàia e rotolàia sono rispettivamente il manubrio della moto e il volante dell’auto)
socialità coi vicini: ottima
socialità con estranei: ottima ma fuggevole
clima casalingo con tre donne: decisamente sotto controllo
tempo di jogging: mezz’ora
tempo di adduttori doloranti: 48 ore
minestrone saltatempo: 1
fotografie scattate: 36
filmini girati: mezz’ora
amplessi: il giusto (dato sempre migliorabile peraltro)
orgasmi propri: come sopra
orgasmi procurati: come sopra, credo