mangiare & bereIl ristorantino dei miei…

mangiare & bere
Il ristorantino dei miei sogni
Finalmente è capitato anche a me. Scoprire il ristorante dove con pochi euro (14, compresi vino decoroso e caffè) ti fai un’abbuffata di pesce. Si chiama “Naso rosso”, sta in centro a Ospedaletti (IM), nel ponente ligure. Localino piccolo appena rinnovato, elegante ma senza eccessi. Gestione italo-qualcosa (non ho decifrato l’accento della signora molto bionda), gestione comunque navigata (par di capire che d’inverno siano a Bardonecchia). Cucina da medaglia per qualità e quantità: antipasti misti, uno spaghetto alle vongole preciso e trasognante, un fritto misto (di pesce, non molluschi) commovente.

Io combatto le mini porzioni (odio dover andare da Mcdonald’s subito dopo un pasto). Sono uno che ha appetito. Sempre. Ebbene, ho fatto fatica a spazzolare il piatto. Quello della mia Signora, dico, dopo aver lucidato quello della creatura.
Ci si complimenta con la gestione. Mi trattengo dal baciarli in bocca, ma gli confesso che quel prezzo per quel trattamento è assolutamente fuori mercato. Ringraziano, lo sanno.
Poche ore dopo si ripassa davanti al ristorante. La lavagnetta è la stessa, il menu anche. La cifra è 18 euro.
Che, si badi, resta onestissima.
Ah, se ci andate fate il mio nome. Così magari poi io pago ancora 14.






ricorrenza autoreferenzialeLa candelina e il…

ricorrenza autoreferenziale
La candelina e il ruttino augurale
Questo blog compie un anno. Felicemente.
Se bloggare è rimirarsi l’ombelico, io sinceramente non credevo di trovarci dentro tutte quelle cose.

BURP! è partito in un modo, poi ha girato di qua, poi è tornato sui sui passi, cercando un equilibrio tra le varie direzioni possibili. L’esordio diceva tutto e niente e quindi siamo rimasti coerenti.
BURP! ha rabdomato alla cieca tra la rassegna stampa personalizzata, la fuffa diaristica, il lavoro. Nei periodi più grami si è persino pensato di farne un blog tematico, una roba professionale, uno strumento di lavoro. Poi per fortuna, prima ancora di dirlo in giro, mi sono mandato a cagare da me.
BURP! mi ha tolto parecchio tempo (in realtà l’ha reinvestito) che avrei dedicato così a spanne, credo, a leggere, a scrivere, a suonare. Avrei letto più libri. Avrei scritto più cose mie, racconti probabilmente, come già facevo. Avrei suonato assai di più. Ma non si può avere tutto e mi sta bene così.
BURP! mi ha rieducato a un uso positivo del web. Mi ha aperto un mondo che fa girare tutto più veloce. Dà anche dipendenza ora che ci penso, ma è legale. Mi ha fatto conoscere cose, storie, persone. Sono nati contatti, scambi, vicinanze, solidarietà, amicizie.
BURP! ha dato a un pigro come me una palestra di scrittura quotidiana e un numero variabile, ma comunque considerevole, di lettori (noti o ignoti, randomici o fedeli), che sempre più spesso dicono anche la loro.
E come si suol dire: gente, son cose.
Ora innesto idealmente una candelina sulla brioscia del bar, poi soffio e via. Anzi, direi che la spengo con un altro tipo di espirazione, più mirata, energica e adatta alla circostanza: un educato ruttino spegnifiamma: BURP!










telemarketingIl mio nome è Kirby, Manu…

telemarketing
Il mio nome è Kirby, Manu Kirby
Squilla il telefono fisso, ore 20.45, guardo una partita. Rispondo pronto.
Voce femminile, giovane e spigliata: Buonasera, c’è la signora Barbara?
Io: Certamente che c’è. Chi la desidera?
Lei: Sono Manuela.
Io: Oh Manu, ciao, Barbara sta cambiando un pannolino “pesante”. Non ti avevo riconosciuta. A quest’ora di solito se squilla sono quelle rompicoglioni del telemarketing.
Lei (sorride silenziosa): …
Io: Tu sei Manu la sua collega vero?
Lei (ridendo): Io sono Manuela della Kirby…
Io: …cioè una delle…
Lei:… delle rompicoglioni del telemarketing, (ridendo) è il nostro lavoro…
Io: Già, guardi lo so, lo dicevo davvero senza offesa. Comunque gliela chiamo subito.
Mano sulla cornetta, respiro profondo, urlo: Ehiiii c’è la Manu al telefonooooooo.













persone, incontriIo, il signor ciclista e la…

persone, incontri
Io, il signor ciclista e la pensione
Il mio signor ciclista avrà settant’anni ed è un omino. Come ogni persona di quell’età che ha fatto un lavoro da sporcarsi le mani, parla quasi solo il dialetto. Idioma che io a tratti comprendo, che mi sforzo di usare nei casi adeguati, ma che non so scrivere. Mi scusino i padani la traslitterazione, mi aiuterò con sottotitoli, a uso dei non padani.
– Buondì, c’al ma disa, sa gh’è? (Buongiorno, si accomodi, quale inconveniente lamenta al suo biciclo?)
– Le gomme, non son buono di gonfiarle. (Il linguaggio muta a seconda dell’interlocutore, non fate i pignoli).
Si china alla gomma anteriore, leva il cappuccio, mi spiega pazientemente l’elementare fuzionamento della valvola di sicurezza. Mi sento idiota e lo imito: mi chino alla posteriore e la mia schiena fa crack. Sgrano un’imprecazione.
– S’al g’ha? Mal da vita? Inscì giuin? (Oh qual sorpresa! Lei già lamenta dolori tipici di un’età assai più matura.)
Gli spiego parte della mia cartella clinica.
– Li lu al ma pija in gir. (Lei si sta burlando di me). Vardi che la catena, lì la va ben no (Quella catena arrotolata sotto la sella potrebbe interferire con il sottostante mecanismo del freno)
Slega la mia catena (due pigri giri), la impugna che pare un maciste del circo e gli fa fare non tre (che se mi sforzo ci arrivo) ma quattro giri attorno alla sella. Commosso e ammirato, decido di usare la sua lingua.
– Mi ghe l’ho no tuta cla forsa lì. (Io veramente non sarei così abile in quel gesto che lei ha testè compiuto).
– Anca mò. Le l’è adrè a pijam in gir. (Lei persevera nel burlarsi di me).
Nego e mi chino per raccogliere il mazzo di chiavi caduto. SPATACIAFF! Da sotto la maglietta mi scivola fuori la borsa del ghiaccio che mi avvolge la spalla.
Il signor ciclista la guarda, si toglie il cappello e mi dice:
– Quant’è ch’ag manca ummò par la pensiun a li lu? (Tra quanti anni ipotizza di potersi riposare vivendo grazie alla previdenza sociale?).















caso Totti 3Un titolo e una campagna…

caso Totti 3
Un titolo e una campagna pubblicitaria dalla stampa di oggi
“Con un Pirlo al posto di un pirla” è la scelta del Riformista, della quale condividiamo il significato, invidiamo la sintesi.
Sulla Gazzetta invece, la concorrenza sbeffeggia Nike con un’inserzione in cui i piedi dei testimonial Lotto esprimono solidarietà ai piedi colleghi “che stanno vivendo il dramma delle vesciche”.
Che dire: grazie al Pupone per averci offerto tutte queste cose. Ah, presto si ritorna a scrivere anche di altro neh!




caso Totti 2Totti lama”Eccerto che lamo, è…

caso Totti 2
Totti lama
“Eccerto che lamo, è Ilary”.


caso Totti 1Solo un equivoco: colpa del…

caso Totti 1
Solo un equivoco: colpa del “bite”
In anteprima assoluta siamo in grado di fornire la linea di difesa del giocatore azzurro. Il problema starebbe nel “bite”, l’apparecchio per i denti che Totti porta anche in campo per correggere la postura degli incisivi.
Nel dopo partita se ne era lamentato a lungo, non senza creare qualche problema all’azienda che glielo fornisce.
“Mi ha fatto venire le vesciche alle gengive. Mi pareva di avere la lingua dentro la sabbia bollente. E poi ogni tanto me usciva ‘no sputazzino improvviso.”




esami di maturitàMaturità e politica: i…

esami di maturità
Maturità e politica: i segni della crisi di una leadership
Crisi nera per Berlusconi. Neppure una sua frase nelle tracce della maturità di quest’anno. L’anno scorso invece esondava anche lì.



esami di maturitàIl giorno del giudizio e il…

esami di maturità
Il giorno del giudizio e il mio tema
Ma le scuole non erano finite? mi chiedevo oggi incrociando parecchi ragazzi delle superiori. Ma alcuni di loro si trascinavano un dizionario e allora, pur mezzo addormentato, ho capito. E allora in bocca al lupo (altro che auguri, ministro, ma chi gliele scrive ‘ste robe?) a tutti quanti, in particolare ai miei compagni di pausa pranzo della scuola qui accanto.
Ah, quando i grandi minimizzano con cose tipo “l’esame è una stupidata” e cose così, voi prima spaccategli il naso e poi tornate a cacarvi sotto. Che fa solo bene.
Ed ecco il tema che darei io oggi.

Issue critica: scarpini e vesciche per un gladiatore
Siete l’agenzia di comunicazione di una multinazionale dell’abbigliamento sportivo. Pagate ogni anno 500mila euro a un campione perché indossi il vostro marchio qua e là. Al debutto europeo il vostro gladiatore fa una figura proprio scarsa (come tutti i suoi colleghi), rischia pure l’espulsione e poi si lamenta degli scarpini (i vostri, quelli nuovi di pacca che avete progettato per l’evento sportivo in corso) che gli fanno venire le vesciche ai piedi.

“È come tenere i piedi nella sabbia bollente”, “ È come giocare con le catene” sono le due frasi più significative della lamentazione del campione.
Il candidato risolva il problema delle relazioni coi media e col testimonial.
E con un intero paese di commissari tecnici che naturalmente si beve tutto quello che dice il suo idolo, lo perdonerà sempre qualunque boiata faccia o dica, e dunque vi guarda già malissimo.

Update: a guardar Mr Google la vicenda sembra già risolta (in effetti l’urgenza del tema era di ieri), ma questo i ragazzi sui banchi non lo sanno: per l’ultima volta, credo, nella loro vita globalmente cablata, per l’ultima volta oggi essi sono sconnessi dal mondo. Almeno per qualche ora. Dai su, sono 6 ore a partire dalle nove, fate mente locale, non abbiate fretta, non copiate e se avete dei dubbi chiedete. E buon lavoro.










Micro fiabe (in cerca di morale)


Due favole in non più di 100 parole (con morale esplicitata) per il gioco del Domenicale del Sole 24 Ore. La prima più tradizionale, la seconda più ardita.

Il serpente e la volpe
C’era una volta un lunghissimo serpente che mangiava chiunque entrasse nel suo bosco. Un giorno, una volpe gli disse che nel suo territorio c’era un altro serpente.
“Seguimi e te lo mostro”, gli disse. Si avviarono e fecero tutto il giro del bosco. Poi la volpe indicò una coda di rettile tra i cespugli: “Eccolo.” Il serpente, adirato, scattò e il suo morso velenoso colpì.
La volpe disse: “Stolto. Sei così lungo che non sai dove tieni la coda.”
E rimase lì, a guardarlo morire.

(Le dimensioni contano. L’ingegno di più.)

Imprevisti
C’era una svolta.
E il lupo e l’agnello non sapevano che fare. Nessuna strada pareva quella giusta. Erano usciti di nascosto dal libro delle fiabe e ora dovevano farvi ritorno. Ma si erano persi. Il lupo cominciò a piagnucolare. L’agnello sbuffò, si guardò attorno e poi disse: “Di là, seguimi.”
Dopo poco si trovavano sotto l’arcata di un ponte. L’agnello disse “Ci siamo, guarda su.” Il lupo alzò il muso e sorrise.
C’era una volta.

(Ora, ammetto che la morale di quanto ho appena scritto mi sfugge. Che dite?)