moderni costumi sess…
moderni costumi sessuali
Lui, la lei di un altro e il branco dei lupi
Dal Riformista, cronache di due novizi intenti all’esplorazione di un club privè (quello di Grottaferrata per la precisione). Segnalo questo articolo memore del successone generato dalle riprese dei pezzi sulle perversioni britanniche dogging e toothing. Mi auguro che mi porti in dote la stessa messe di zozzoni curiosi. Comunque il pezzo è ben scritto, culturalmente interessante (si parla perfino di Joyce) e non manca la chiusa romantica.
Mica spaccio merda porno io, no?
musica: Maroon 5 …
musica: Maroon 5
La danza dei portamatite nell’ufficio deserto
Ecco, se per magia rivivesse la cover band ruspante con cui anni fa ho ingloriosamente solcato i palchi della provincia, ecco allora oggi io direi: raga, mettiamo su i pezzi dei Maroon 5. Sì, lo so che non hanno inventato nulla di nuovo ecc. ma grazie al loro sito che diffonde in Realaudio cinque pezzi di “Songs about Jane”, ‘sti disgraziati mi fanno muovere il culo e ballare tutti i portamatite quando li metto a palla la mattina alle 8 nell’ufficio deserto. E mi risvegliano anche qualche neurone rock da tempo sopito.
Qui se ne è parlato su Tom. E forse non è un caso che sene sia parlato proprio lì: pare che dopo questa tipa, Jane appunto, che gli ha ispirato il disco, il cantante abbia dichiarato “le ragazze non mi interessano più”. Quindi, grazie Jane, non te la menare: non sei passata invano.
altro che 1870,…
altro che 1870, come nel 1980 circa
Siamo dentro nel tunnel / nel tunnel del Sasser
Il Sasser dilaga e miete vittime ovunque. Oggi, raga, qui si va a carta, penna e calamaio. Sembra un reality show ambientato in un ufficio qualunque prima dell’avvento del pc. Roba da pionieri, bellissimo. Comprese le madonne che volano, che come si sa nel reality non stonano per nulla.
bachi vecchi e nuovi…
bachi vecchi e nuovi
Cinque meno meno a Word, sette+ alle scarpe di chi lo rapresenta
Chiedo a Mr Google notizie di un pezzo di Sandro Veronesi uscito sul Corsera di domenica. Parla del correttore automatico di Word. Come ne parla è inutile dirlo: è come sparare sulla crocerossa. Il pezzo è ben scritto e riassumerlo qui non gli renderebbe merito. E comunque ormai lo sanno anche i sassi che il correttore automatico è una delle principali possibili cause di instabilità del sistema. Dunque il mio consiglio è: dimenticatevi quelle cazzo di righette rosse e verdi e rileggetevi i testi con gli occhi e il cervello. E magari un dizionario (o un collega alfabetizzato) sottomano.
Vabbè il pezzo di Veronesi on-line non c’è. Però c’è questo. Sarà anche vecchio (020301?), ma mi auguro che tutti i bachi di cui parla il direttore generale di Microsoft Italia siano risolti e non ci capiti più di spedire – dentro nei nostri documenti – delle parti che credevamo di aver cancellato. Sì perché Word ce le spediva automatiche insieme al documento.
Ma secondo voi: un direttore generale di zio Billgates va in giro con le clark lise?
UPDATE: il pezzo sul correttore ortografico di Word si può leggere qui. Grazie a signorpalomar/caan che ha messo il link nei commenti a questo post.
Non ci sono più i 25 aprile di una volta
Il 25 aprile in provincia è così: la banda che suona precede le autorità, bandiere, gonfaloni, un paio di partigiani fossili, divise, vigili e poi la gente. Un centinaio di persone al massimo a fare il percorso dal fiume alla piazza. Io li seguo precedendoli (Paolo Rossi docet), zigzagando con razionalità, la bici strombazzante, la creatura plaudente sul seggiolino. Poi, mentre giunti in piazza la sbrago dai suoi legacci, odo una eco di insulti nemmeno troppo sommessi. A 30 metri da me, un gruppo di pischelli del locale centro sociale apostrofa due altrettanti pischelli con vessillo forzitaliota. Le parole ve le potete immaginare, ma niente di fortissimo: “ipocriti” era la frase più insolente. Mentre la forza pubblica “interviene” a prevenire un contatto, io mi calco la creatura sulle spalle e mi dirigo di buon passo verso l’epicentro. Tra me e me borbotto: “dai, dai che si picchiano…” Dopo 10 secondi siamo sul posto. La bandiera forzitaliota viene smontata con molta calma. I pischelli rossi guardano e commentano tra loro. È bastata un’alzata di sopracciglia del maresciallo e il movimento di due vigili per spegnere il cerino. Tutto tranquillo insomma, c’è un silenzio appena appena teso. Io mi fermo ed è solo allora che devo improvvisamente render conto a qualcuno delle aspettative create. Nel silenzio, poco sopra la mia testa, parte il ritornello: Chi si picchiano? Chi si picchiano?
geni e commenti geni…
geni e commenti geniali
Tutto suo padre
Leggevo qualche giorno fa una simpatica classifica delle figure di merda collezionate da una blogger (si può anche votare se volete) e mi dicevo “Chissà quante ne ho fatte, com’è che ora non me ne ricordo una?” Bastava aspettare un paio di giorni. A passeggio con la creatura, incontro graziosa ragazza spagnola ex compagna di studi ormai avvocato e madre di una creatura ben più grandina. Mi vengono incontro in tre: mamma, figlio di 8 anni e altro figuro non ben identificato. Fatte le presentazioni (che ne so io di quel che mi ha detto lei, non ditemi che voi ascoltate le presentazioni…) guardo il bimbo. È bellissimo, praticamente una copia sputata della mamma. Sto per commentare l’evidenza ma… Chissà ‘sto povero babbo cheppalle che ne ha di sentirsi dire sempre che somiglia tutto a lei, poverino… Così decido d’impulso per una frase più equilibrata assolutamente lontana dalla realtà: “Che bel bimbo, somiglia alla mamma, ma caspita… anche a te…” Risposta senza sorriso: “In realtà assomiglia molto al suo papà vero”. Gelo. “Grazie ciao, devo proprio scappare”.
chi cerca trova?
…
chi cerca trova?
Anvedi ‘sti zozzoni der uord uaid ueb
Come si evince in modo inoppugnabile dalle statistiche, oltre una cinquantina di curiosi sono arrivati qui cercando cose tipo “toothing” (toothing Italia, toothing come fare, toothing Milano, cos’è il toothing), una decina cercando “dogging“, altri meno tecnologici con “culo” (variante “nel culo”) e uno con “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire, riassunto”. Si noti la finezza della specifica “riassunto”: un bignami insomma, destinato a quale uso non sappiamo (ricerca scolastica, frettoloso onanismo).
Una pensiero di solidarietà anche all’utente che ci ha trovato digitando la seguente sconsideratezza: “sconsy nuda”.
Poi vabbè, tra le altre chiavi ce n’è anche qualcuna pertinente e quindi meno divertente.
update: il mio post sul toothing è stato impreziosito da un invito dalla Togatoga Toothing Community Italia. Non so se mi spiego, MeCo.
tv: reality swearIl prezzo della madonnaÈ…
tv: reality swear
Il prezzo della madonna
È inutile: lo sappiamo da sempre che non viviamo in uno stato laico. Nonostante la Costituzione dico. E la morale? Chi scherza coi santi (e con gli sponsor), peste lo colga. E non avrai altro MOIGE al di fuori di lui.
nuovi legàmi …
nuovi legàmi
Andate e moltiplinkatevi
Capita che certi link che metti nel tuo blog te li scegli tu e ad altri invece ci pensa il fato.
E così capita di scoprire, ascoltando on-line una trasmissione sui blog, che la voce che ogni giorno ti ristora porgendoti i giornali con voce morbida intonata all’ora antelucana, ebbene costei è una blogger, si appella SuperBimba, e scrive su un blog corale che già avevi adocchiato.
Oppure capita che ti interroghino per sbaglio sulle leggi della fisica, tu rispondi con una poesia improvvisa e da lì cominci a cibarti di un’erba velenosa e scopri che questo cibo ti continua a piacere per parecchi giorni e non senti la necessità di chiedere un antidoto.
Oppura ancora capita che da una tua sbrodolata sul senso del jazz e sui danni del parkerismo sui minori, tu scopra un’altra voce, stavolta ex cathedra, e che leggendola ti par di risentire un coro classico da primo giorno di scuola: “Prof., ci porta in gita?”.
Il gioco delle apine che fanno il miele
Avvertenza: post lunghetto e decisamente autoreferenziale, dedicato al Giovanni Muciaccia che è in noi.
Cosa serve: carta e pennarelli, una casa o un prato, un po’ di fantasia, una creatura vispa e curiosa di circa due anni che sa che il miele lo fanno le api ma ovviamente non sa come. (Neanche voi sapete esattamente il procedimento chimico, ma non importa).
Come si gioca: disegnate dei grossi fiori colorati sui fogli di carta e, accompagnati dalla creatura, aggiratevi per la casa sistemandoli in giro qua e là anche in posti non banali (dietro una porta, sotto un cuscino).
Chiudete gli occhi per 5 secondi, concentratevi e trasformatevi in un’apina. Io faccio così: drizzo le dita all’infuori e porto le mani sui fianchi in zona lombare, assumo un’espressione volatile, storco il collo e pronuncio forte un bzzzz, agitando le manozze come fossero ali. La creatura vi imiterà e vi seguirà svolazzando di corsa alla ricerca dei fiori precedentmente dispersi. Appena trovate il primo gettatevi avidamente a sniffare il foglio, spiegando che dovete portarvi via il profumo del fiore per fare il miele. Completate il giro dei fiori chiedendo alla creatura di farvi da guida alla ricerca degli altri fiori. (Varianti: con destrezza potete averne spostato o nascosto qualcuno, oppure potreste averlo sostituito con altro disegno, esempio un grosso fungo rosso).
Una volta annusati tutti i fiori, dirigetevi verso l’alveare. (Io ho scelto il divano). Bussate a una finta porta e dichiarate forte le vostre generalità e intenzioni: siamo le apine che vengono a fare il miele. Entrate e cominciate con ampi gesti a levarvi di dosso il profumo dei fiori. Ammucchiate il profumo tra voi e la creatura, che ovviamente vi sta imitando passo passo. (Aiutatela a levarsi tutto il profumo di dosso: ehi guarda quanto ne hai qui dietro l’orecchio). Dichiarate l’intenzione di prendere un barattolo per riporvi il profumo che diventerà miele. Aprite un immaginario armadietto con serratura rumorosa e antina adeguatamente scricchiolante. Aprite un altrettanto immaginario barattolo di vetro, posategli accanto il coperchio. Riempite il barattolo con il profumo. Prendete il coperchio, chiudetelo in modo ermetico con gesto plateale e rumoroso. E poi via, verso nuove avventure. Probabilmente una ripetizione identica del medesimo gioco.
Esito: alla terza sessione consecutiva, la creatura mi ha passato il coperchio immaginario raccogliendolo là dove io l’avevo posato. In precedenza, alla mia richiesta (“Chiudilo tu, dai”) mi aveva guardato storto, sentendosi presa in giro. Lì ho pensato, quando le ho visto chiudere decisa un barattolo immaginario, ho pensato che questo giochino diventava qualcosa d’altro, una cosa degna di essere raccontata da qualche parte.
Infine, un consiglio utile: tenete sottomano un nonno. Da utilizzare secondo il bisogno all’ennesima richiesta di ripetizione.