costume: l’ora del p…

costume: l’ora del panino e quella del cannino
Ma non è un po’ presto?
Quando il sole di Milano la smette di rantolare nella smogosfera e si propone senza remore, ebbene sospinti da uno stuzzichevole venticiello è ora di scendere a fare la pausa pranzo nei giardinetti: panino in mano e giornale sotto ascella (o viceversa se preferite). I giardinetti alle 13.30 sono il regno dei liceali che ivi pasteggiano, ciacolano e altro. Altro, appunto: sfumazzano. In mezzora passata a pochi metri da questi giovinastri piercingati e da queste squinzie implumi che si passano bombarde e cannozze ti respiri qualcosa in più della tua dose quotidiana di tetroidrocannabinolo.
E ti chiedi: ma non è un po’ presto come orario sballarsi dopo pranzo? Ma non è un po’ presto sballarsi a 14 anni?
E soprattutto: ma non è un po’ presto aver già saltato per bene tutta quanta la barricata e farsi queste domande da vero matusa?





Google addicted
L…

Google addicted
La droga, il sapere, la fantasia
“Gli scrittori del passato avevano l’assenzio, il whisky o l’eroina. Io ho Google. Ci vado con l’intenzione di passarci cinque minuti e sette ore dopo mi accorgo che sono ancora lì, e tutto quello che sono riuscito a scrivere sono quarantatrè parole.” Parola di Michael Chabon (quello di “Wonder Boys” da cui l’omonimo film), sul Corsera di ieri in un pezzo sulla cultura made in Google.
Allora io mi chiedo: ma tutta questa overdose di informazioni e legàmi e connessioni che si riversa su ognuno di noi minimamente curioso di fronte al web googlato, quanto tutto ciò comprime la nostra fantasia? Sarebbero stati forse più belli i libri dei grandi del passato se loro avessero avuto a disposizione tutto ciò? O più reali? O più documentati? O sarebbero stati solo minori di numero o più brevi per tutte quelle ore spese on-line?
O forse sarebbero stati solo meno fantastici, nel senso di fantasiosi?





tv: mutande e altre cose da femmineLa sottile…

tv: mutande e altre cose da femmine
La sottile linea rossa
Premetto che non ho letto il regolamento della Fattoria, ma io mi domando e dico: ma fin dove si spinge la finzione delle condizioni di vita del 1870? Secondo me il confine sta all’incirca sulla linea sottile della biancheria intima, ultimo invalicabile baluardo di conquistata modernità, cui nessun nostro contemporaneo vip (ma anche svip) potrebbe rinunciare. E parlo soprattutto per le signore. Non sono uno storico dell’intimo costume, ma credo di poter immaginare i tormenti inferti alle carni da reggiseni e culotte del 1870. E mi fermo qui, sorvolando sui pochi scomodi ed eroici rimedi, con cui le nostre trisavole fronteggiavano ogni mese la natura.

E poi, saltando di palo in frasca, ma lì dentro nessuno fuma? E comunque pare che Milton non sia più un mito di cubana e sinistra grandezza dopo che ha detto che apparecchiare è da femmina e lui è un maschietto. O qualcosa di simile. E chissà che ne direbbe il Che.
E questo titolo che mi traccia un segno cromatico netto dal ciclo fino a Cuba? Che faccio, signora, lascio?




musica: desideri pro…

musica: desideri proibiti
Se potessi avere, un cd al mese…
Insomma non chiedo tanto dai. Ma non ho il dinero e nemmeno l’ADSL. E comunque io oggi sono fortemente incuriosito da:
Prince, i Maroon 5, Nicky Nicolai, Amalia Grè, Patrizia Laquidara, Petra Magoni. Per non parlar del jazz, che dalle recensioni che leggo su Camillo mi ingolosisco di Bad Plus e vari altri improvvisatori più o meno sieropositivi.



crisi del calcio: in…

crisi del calcio: interviene la forza pubblica
“Alura, varda che un dì o l’alter vegni giu mi
e t’la sbusi cul furbal lì!”
A me ai giardinetti, in cortile, all’oratorio, il signore burbero che minacciosamente si affacciava dalla finestra mi ha sempre detto così. In rigoroso e cadenzato dialetto pavese. Che scriverlo è un problema se non ne sai di fonetica. Si noti che lui il pallone lo chiamava rigorosamente furbal.
La frase più terroristica venne invece da un maturo signore della Val di Non: “Mi te desfo! Te peti giò una caseta de bombe a mano, ostia!”.
Certo che da qui a scatenare una guerra di piazza, con cariche e lacrimogeni per qualche calcio al pallone, ce ne corre. Che ci volete fare i tempi cambiano e i movimenti di piazza anche.





cronaca e costume: s…

cronaca e costume: sesso & denaro
Fatturare è meglio che fottere
Se fossi miss Rebecca Loos la penserei così. Dopo aver intascato la bellezza di 750mila euro per aver rivelato con garbo e senza alcuna volgarità di aver fatto sesso con lo spice boy.
E che dire del povero prof. Capizzano invece, condannato a un risarcimento di 120mila euro per aver sedotto (?) studentesse sul divano dell’università, filmandole altresì con la videocamera dell’istituto? Scrivi che ti passa, gli diciamo. Sì perché l’anziano trombeur de femme sta scrivendo un paio di romanzi autobiografici piccanti. Lo farei anche io se dovessi sganciare 120mila euro. E comunque credo che non lo leggerò, in qualunque modo o chiamerà: “Il diario segreto di Ezio C.”, “Cronache dal Decamerino”, “100 colpi alla tesi prima di entrare nel foro” e via dicendo. Ehi, in quest’ultimo titolo il foro è quello degli avvocati, si badi.
Minia
ppello alle lettrici: chi conosce quel particolare intimo anatomico di Beckham che conferma la versione di Rebecca? Ovvero: quante lettrici di questo blog sono state a letto con lui? O intendono qui pubblicamente millantarlo?





professioni: un sond…

professioni: un sondaggio Adecco e il mailing di Cepu

Cedo laurea decennale usata poco: prezzi modici, spolveratura a mio carico

Secondo un sondaggio promosso da Adecco ecco i primi tre mestieri che i giovani di oggi vogliono fare da grandi: il direttore di un quotidiano nazionale, il magistrato, il medico di pronto soccorso. Guarda caso tre professioni che compaiono con una certa quotidianità in tv, a volte nell’informazione altre nella fiction se ancora ha senso questa differenza. Buon ultimo, il portinaio. Che infatti in tv non ha ‘sto gran fascino e se gli va bene lo intervistano come testimone di un reato o in un’inchiesta sulla pubblicità porta a porta.
Sul cosa fare da grande, io non ho ancora deciso. Mi barcameno e seguo fedelmente S. Agostino: “Lasciati illuminare dai tuoi dubbi”.
Tra l’altro oggi mi ha scritto il signor  CEPU chiedendomi gentilmente quanti esami mi mancano e se può essermi utile. Gli ho risposto che grazie io sarei servito, però pur di fare il suo testimonial e piazzare il mio faccione tra Bobovieri e mr CEPU jr, potrei anche decidere di restituire la laurea. Tanto per quel che mi è servita.


L’asola felice

L’asola felice

L’asola godeva senza inibizioni:
era entrata finalmente
nella stanza dei bottoni!

Il sito di Caterpillar pubblica i sei vincitori del concorso di poesia postale. Questa che ho appena ricopiato è la mia preferita (categoria sentimento, poesia con metro e rima), ma tutte meritano una lettura. La mia l’avete già letta forse, sta qui sotto, ed è stata tragicamente bocciata. Come altre 15.000 circa. Mi inchino ai vincitori e plaudo ulteriormente alla trasmissione tutta.







informazione: l’arte…

informazione: l’arte del titolo

“Eroi di scorta”

Non era facile per il Manifesto il titolo di apertura di oggi. Tutti gli altri quotidiani puntano sulla “pancia”, con la ripresa del virgolettato dell’ostaggio ucciso, mentre la commozione e la pietas si portano dietro il loro fardello di nazionalismo di ritorno coi tricolori e tutto quanto.
Il titolo “Eroi di scorta” con le foto dei tre ostaggi (per ora) superstiti riesce a mantenere un equilibrio tra la pancia e la testa. Riesce a infilarci la parola “eroe” senza farci dimenticare i dubbi (per chi ce li ha) su chi stava in Iraq per compiti ancora troppo misteriosi/discutibili. O anche solo per guadagnarsi il pane per sposarsi. Riesce a instillarci il dubbio (per chi ce l’ha) sul fatto che queste persone siano state considerate “italiani di serie B”. Riesce a metterci la paura (questa credo sia di tutti) per il destino di questi altri tre poveri cristi, che sono lì pronti a essere i prossimi eroi di giornata.
Chi non ha dubbi invece, allora può campare sereno e cibarsi di tutti gli altri titoli di tutti gli altri quotidiani.



mr lingerie man …

mr lingerie man

Tanto di cappello

Visto (grazie a macchianera che me lo addita) lo spot in cui Dylan presta il muso, la voce e un vecchio pezzo a una marca di intimo. Finalmente un matusa del rock che ha il coraggio delle proprie azioni, dai. Invece di continuare a fare dischi barbosi che poi si fa fatica a venderli e te li masterizzano a più non posso, invece di canzoni datate e paranoiche che sembrano roba dell’altro secolo, mr Zimmerman mette la sua faccia al servizio di uno strumento di elevazione culturale della società, la biancheria intima di un certo livello.
Si noti che né la faccia rugosa, né la canzone menosa, né la voce catarrosa, né il campanile maestoso sono la cosa più bella del clip.