# rivelazioni#[Sembrava un cerbiatto e invece…
# rivelazioni#
L’altro giorno allibivo leggendo su Repubblica quale nuovo entusiasmante gioco trendy sta prendendo piede in quel di Las Vegas. Si chiama “Hunting Bambi” e funziona così. Si insegue nella foresta una ragazza nuda (Bambi), la si caccia con un fucile che spara pallottole di plastica che marchiano con vernice rossa, la si guarda agonizzare a terra, la si finisce BUM nel medesimo modo, ed eventualmente la si attacca per le braccia al paraurti del fuoristrada per riportarla alla base. Le Bambi sono adulte, consenzienti e ben pagate (2.500 $). I cacciatori sono adulti (?) e ben paganti 10.000 $. È vietato sparare sopra la cintura. Nel sito web trovate info, prezzi, foto, interviste.
Mi pareva una ghiotta notizia, ci stavo lavorando su quando La Stampa del giorno appresso mi svela la bufala.
Trattavasi di un’idea per convogliare traffico sul sito che vende, ovviamente, video porno. Il tutto orchestrato dallo stesso Mr Burdick che anni fa cercò di vendere online la verginità di una ragazza rivelatasi poi una sgamata pornostar.
Ci siamo cascati nell’ordine la tv Klas di Las Vegas, che ha messo online un video molto realistico, la assai meno locale Fox News e da lì con effetto domino vari giornalisti tra cui appunto la mia fonte, Repubblica.
Io me l’ero bevuta molto serenamente, devo dire. Forse perché ancora mi fido dei giornali. Forse perché tutto mi par possibile in un magico paese in cui la sodomia tra adulti consenzienti ha appena smesso di essere un reato penale.
# incontri #[Il paradiso del tempo ritrovato….
# incontri #
L’altro giorno salgo sul treno e incontro il professor M., mio paziente ma inutile istruttore di matematica e fisica alle superiori. Cordialità e domande.
“Prof, la trovo in formissima, lei è in pensione no? E che fa?”
“Oh guarda, un sacco di belle cose: buoni libri, cinema, le passeggiate. E poi la musica, lo sai che devo dare il 5° di chitarra classica no?”
“Orpo, che vita meravigliosa prof., un nirvana… libri, cinema, musica… il paradiso del tempo ritrovato.”
“Sì vabbè, poi devo fare anche altre cose tipo la spesa, cucinare per mia moglie, insomma dai, le solite cose.”
Sceso dal treno pensavo al mio babbo. Che ha fatto lo stesso mestiere per quarant’anni, ma di pensione si è fatto un anno solo.
E non se l’è neppure goduto.
# fenomenologia del pirla #[Moreno, una…
# fenomenologia del pirla #
Un anno fa arbitrava da par suo un quarto di finale del mondiale nippo-coreano. E subito diventava famoso come affossatore della patria pallonara. Ed essendo il calcio uno dei due valori eminentemente bipartisan del nostro meraviglioso popolo egli riusciva a catturare sulla testa imbrillantinata ogni sorta di ingiurie e maledizioni per una quota all’incirca doppia di quella massima raggiunta dal nostro premier. Poi, tornato in patria, si distingueva ulteriormente sul campo di gioco nella sua diabolica vocazione a scontentare capre e cavoli, quindi perdeva le elezioni politiche della sua città, la cui squadra aveva invano tentato di favorire con qualcosa come 15-20 minuti di recupero, trovandosi essa in difficoltà. Indi rientrava in Italia per un’ospitata assai ben lucrata sulla tv di stato in un programma insignificante con nani e ballerine in cui esprimeva la sua faccia tonda e quel suo cipiglio orgogliosamente indio-idiota. Infine, proprio l’altro giorno, arbitrava per una cifra infima, una specie di sfida scapoli-ammogliati in un paesino romagnolo. Presentatosi genialmente nella patria della Ferrari con un cappellino griffato Williams, il nostro uomo si beccava impavido gli insulti dei circa quattromila presenti, quindi un lancio di uova e ortaggi e infine un inseguimento con annesso tentativo di pestaggio. Protetto da un efficiente servizio d’ordine, il cui costo spaziale era evidentemente algebricamente connesso al suo cachet pezzente, usciva per ora dalle cronache per tornare in clandestinità.
Fermiamolo. Mettiamolo sotto tutela. Qualcuno lo sottragga al suo agente, se ne ha uno. Qualcuno gli faccia leggere Pennac o gli spieghi a voce che fare il capo espriatorio ha senso solo se hai una famiglia numerosa e se ti pagano bene. E che per farlo di un’intera nazione allora il prezzo sale ancora.
# lucertola #[Tutto il vuoto minuto per…
# lucertola #
Gente, ma ve l’immaginete che razza di partite potrà raccontare adesso The voice?
# fenomenologia del pirla # …
# fenomenologia del pirla #
[Par condicio a un solo neurone]
L’unica volta che sono stato ospite alla radio per presentare un mio cd ho incontrato un pirla. Il dj. Ma non il tipo tamarro, no. Il tipo colto. Che infatti presentava lo spazio del jazz.
C’era in ballo non so più quale elezione e mi disse fuori onda che non poteva passare una canzone per “problemi di par condicio”. Trattandosi di brani strumentali la cosa mi pareva singolare. Il brano si chiamava “Hasta siempre” e il suo unico neurone concentrato sul timer e sul mixer insieme (un lavoraccio) non poteva comprendere che si tratta di un saluto, che lo puoi fare alla tua mamma, alla tua bella, al tuo comandante se ce l’hai. Insomma è proprio la cosa che a un dj pirla non diresti mai: pussa via, torbido ignorantello pezzente e sudaticcio.
E così passa il brano. Innominato. Latino sbronzo, sghembo, triste y final.
Poi ho preso il microfono e ho semplicemente aggiunto che si trattava della versione strumentale però, perché quella con le parole ce l’avevano appena censurata. Sì perché raccontava della mamma e della sorella di un dj e delle cose che facevano la notte sulla binasca.
Ora, poi anni dopo capita di andare su Vitaminic a vedere le statistiche di download, cosa che non fai da due anni, e di scoprire che il brano più scaricato di quel poco che hai messo online è proprio “Hasta siempre”.
E lì il dubbio ti viene anche.
Un pubblico di pirla?
# lucertola (il riassunto di un…
# lucertola (il riassunto di un coccodrillo) #
[Son triste per Compay]
Il titolo è del Manifesto e mi pare il più bellino. Anneghiamo il lutto in un rhum, sorbiamoci un sigaro Montecristo di quelli che lui prima arrotolava per sua nonna e poi fabbricava per campare e che aveva fumato ininterrottamente dai 10 ai 95 anni. Nell’aria proprio un son triste, con il suo armonico e la sua voce dietro, segunda.
E che dio ci conservi Rubèn Gonzàlez e quegli altri ragazzi.
# back office #[Scelte di vita] …
# back office #
Oggi ho convocato il mio capo a quattr’occhi e le ho dato un mazzo di rose rosse senza i fiori. Tutto spine. Mentre il sangue le colava dalla mano, ho preso del caffè bollente dalla brocca e gliel’ho versato dall’alto sui biondi capelli. Mentre il caffè le scendeva sul viso pensavo: e il guaio è che non sei neppure brutta, baby. Impietrita mi fissava.
Poi le ho detto che il nuovo progetto che mi proponeva poteva pure tenerselo: che quelle quattro lire in più non mi cambiavano la vita ma più tempo e meno stress invece sì che me la cambiavano.
E poi sono uscito sbattendo la porta.
Leggero.
Ho fatto quattro passi e ho inciampato da paura. Breve idillio con la gravità, silenzio, apnea sonora, ralenty. Tonfo sordo con la faccia sui miei dubbi, sul mio mutuo, sui miei debitori bradipi e sui curricola che devo spedire.
# parole & dubbi #[Accarezzando Michela,…
# parole & dubbi #
I primi hanno uno stipendio congruo, rappresentano i cittadini e pigiano i bottoni anche due o tre alla volta per entusiasmo o cortesia, per fare un favore a un amico o uno al paese. E questi si chiaman pianisti ma è una forzatura. Bottonisti, pulsantieri, ditisti, via. Pianista è parola grossa, dai.
I secondi hanno uno stipendo – mi auguro – normale, non rappresentano nessuno se non se stessi e pigiano a una velocità pazzesca su dei tasti bianchi e neri di piccole macchinette a metà tra l’harmonium e la pianola Bontempi. E questi si chiaman pianisti e lo sono per davvero. Volano come lippe e sgravano su rotolini di carta tutte ma proprio tutte le cose che vengono dette nelle sedute parlamentari.
Con la sola esclusione di campanelli e cazzotti questi santi uomini loggano il quotidiano del legislatore. E lo fanno accarezzando i tasti di Michela. Così si chiama la diabolica macchinetta inventata dal signor Antonio Michela Zucco nel 1860.
Ora, a parte che nel 1860 che ancora non c’era nemmeno la patria, un signore brevettava ‘sta cosa a me mi pare già una bella storia. Che poi negli anni Ottanta arriva un altro signore che rivoluziona la macchina è un’altra storia. E poi che infine adesso arriva la nuova Michela è l’ultima storia. Poi basta. Poi io mi chiedo perché il Corsera, la mia fonte in questo caso, non mi spiega come diavolo funziona Michela. Perché non è mica semplice. Come fa uno con 10 tasti alla destra e dieci alla sinistra a scrivere miliardi di parole più o meno sensate, questo non dipende da lui. Mestiere faticoso, turni di cinque minuti, il problema dei dialetti, 150 parole al minuto (contro le 80 della segretaria-jet), ok, tutte cose interessanti, ma perché non mi dici come funziona ‘sto coso?
# zappando #[Ma non ci sono le tigri a…
# zappando #
Ma chi è? Lo vedo ogni tanto che presenta Hitchcook su CineClassics. Con quella simpatia un po’ ruspante e lombarda che sembra un vecchio professore in pensione. E poi lo vedo su Antenna Tre che sproluquia, spronostica, sproclama di calcio. Giocato o parlato, d’estate o d’inverno, scoopato o gossippato. E sempre con quella simpatia un po’ ruspante e lombarda che sembra un vecchio bidello in pensione.
Poi ogni tanto, o con Hitch o con Cuper, una lama di genialità. Tipo che al momento dei saluti dice che sua moglie va a Zanzibar e che lui spera che la mangi una tigre. Ma chi è? Ma che vita fa? Ma come fa a ubiquarsi così sul canale in del cinema classico e sulla tavolata unta e vociante del bar sport televisivo? E poi quel nome che non può essere vero. Però se è vera la faccia, e quella cosa in cima al collo lo è, allora diamine, tutto può essere.
Ma chi cazzo è Joe Denti?
# vecchi tempi #[“…dai su, andiamo a…
# vecchi tempi #
tanto poi succede ancora…”]
21 anni fa, oggi, indossai i seguenti indumenti nell’ordine:
1. una maglietta da portiere a manica lunga di colore rosso vivo, di un cotone grezzissimo simil-iuta, con il numero UNO in plastica nera appiccicato alla schiena
2. una semplice maglietta bianca a manica corta
3. una canottiera verde intenso con bordi neri, priva di numero sulle spalle e di un tessuto simile al panno del biliardo o a una coperta militare, qualcosa insomma di realmente comodo e traspirante
Così agghindato, un paio di pantaloncini neri della Puma e dei sandaletti di gomma completavano il tutto, me ne andavo felice in piazza a mescolarmi con la folla. Ma non avevo l’età per tirar tardi e presto rincasai.
Sob.
E ‘mo quando mi ricapita?