L’uomo che guardava passare i libri
Senza leggerli.
Da quando ho preso l’abitudine di inserire i nuovi acquisti sullo shelf di Anobii il dato è evidente, almeno a me. Non leggo più un libro nemmeno sotto tortura. O meglio non leggo più un romanzo che è uno. Sbircio la saggistica sulla rete, entro ed esco da manuali e storie musicofile, ma le storie basta stop fine. Bah boh. L’ultima cosa che mi aveva strabiliato era il prologo di “Ogni cosa è illuminata”. Quattro pagine me-ra-vi-glio-se. Poi l’ho chiuso. Boh bah beh.
Però rispetto a questo post tenuto in canna 15 giorni ora qualcosa sta cambiando. Complice la biblioteca del mare e le otto ore di treno ogni weekend mi sono bevuto come aperitivo l’eros ferroviario di “Facciamo un gioco” (scoperto qui, ma ne riparliamo), le peripezie di Sam e Alicia e Ufo in “Tutto per una ragazza” di Hornby, sto finendo la Pulsatilla di “Gulietta Squeenz” e mi sono tuffato anche nella “Grammatica di dio” di Stefano Benni.
E devo dire che con tutte queste storie in testa, mi sento decisamente meglio.
Già che ci siamo: tu che mi consigli di leggere quest’estate? Avanti, spara.
Zopa Jazz Trio
Quando un tuo cliente, per cui scrivi e copy e incolly e scandagli la rete, ti propone un ingaggio come pianista da cocktail va da sé che ti poni alcune domande relative alla tua identità professionale. Del tipo chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Sei uno scrittore che suona o un pianista che scrive, insomma. E ti sovviene uno dei più noti e citati adagi della storia dell’adv: “Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario. Lei è convinta che suoni il piano in un bordello”.
Siccome poi proprio scrivere e suonare sono tra le poche cose che sai fare – e non senza passione – allora brindi alla versatilità e ben volentieri accetti.
E mentre il cliente ti brandizza il trio, tu chiami una sezione ritmica empaticamente affiatata dalle militanze zappiane e cinestetiche, e cominci a pensare se questo prossimo giovedì 17 non sia una buona e imperdibile occasione per invitare tutti quelli che ti rimproverano che a Milano non suoni mai. E ne stai dimenticando sicuramente qualcuno qua e là.
Le voci di Cinestesia
Quando l’ultima sera di Cinestesia si è avvicinato Colin con la ferma intenzione di volerci intervistare per Spaziomusicast, ho valutato le condizioni dei miei ragazzi del collettivo bluEsForCe reduce – dopo l’ultima cena – da un giro supplementare di assenzio incendiato e in attesa di salire sul palco.
Dopo l’intervista gli ho detto: dai materiale ce n’è, fai una scelta e buon copincolla!
Lui ovviamente l’ha messa integrale. E forse è giusto così, tra un fagiolo in bocca, un’esitazione e una stronzata.
Quel che emerge riascoltandola è che giù dal palco non ci prendiamo mai sul serio.
Ma mai, mai, mai.
Forse siamo troppo vecchi per tirarcela un po’.
Io ho vertebre che voi umani invece no
Vado dal mio fisiatra, quello che un dì mi vide canguro col calzino bucato.
Al telefono non mi ha riconosciuto, ma appena mi alzo e percorro la una sala d’aspetto popolata di arzilli ultrasessantenni, lui sulla porta dello studio mi accoglie: “Ah ma certo è lei, quello col collo pazzesco, con le vertebre a casaccio, venga, si accomodi…”
Quanno chiove. Sul bagnato.
Estate 82 (?) Pavia, Castello Visconteo. Pino Daniele con Carl potter, Tony Esposito, Joe Amoruso, Rino Zurzolo, Tullio de Piscopo, un chitarrista rasta e Mel Collins. Il mio primo concerto dal vivo. Capivo ‘n cazzo ma godevo.
Godo ora. Su Rai1. Godo.
E ora la Carlucci mi interrompe Yes I know my way per leggermi la dichiarazione del presidente del consiglio. Poi la pubblicità. Che avevo appena finito di dire ma guarda il servizio pubblico che mi offre questo evento e la Carlucci veloce e sensata nelle interviste. Avevo appena finito di dirlo, ecco.
Scusi, che ha da guardare? // …zzo guardi tu, oh?
Ormai è evidente. A distanza di un anno dalla sua conclusione il mio lavoro di scribacchino per la multinazionale italiana dell’occhiale trendy ha lasciato segni profondi non solo nel mio vocabolario.
Mentre talvolta ancora combatto con gli incubi del ponte flessibile a tre intagli, delle aste grintose, della mascherina sfuggente, delle tonalità improbabili (avana striata, maculata, tigrata), delle metafore decomposte (vestire lo sguardo), ogni giorno mi confronto con un’altra tragicomica conseguenza. Accade dovunque, ma più spesso sui mezzi. Appena nel mio campo visivo entra un essere umano corredato di occhiale, io lo esamino (materiale, forma, colori, logo ribassato, logo scolpito, logo in madreperla, in tungsteno, in mollica di pane ecc.). In realtà cerco solo di capire al volo se è uno dei modelli di cui ho scritto e che effetto fa vederlo vivo – questo modello – dalle parole markettofone che usai.
Ma è un istinto incontrollabile, un riflesso condizionato evidentemente, ché a me non me ne fotte una mazza degli occhiali altrui. Preferisco leggere il mio libro in metro. O guardare una bella donna. Magari proprio una con su gli occhiali, ecco.
Ma prima che la ragione mi soccorra con questo pensiero, prima che io riesca a distolgliere lo sguardo, io li fisso quegli occhiali di fronte a me, appesi a facce anonime che non rivedrò mai.
Facce che spesso mi rimbalzano lo sguardo in modo più o meno ostile.
Quindi se per caso sali in metro, con indosso i tuoi occhiali e trovi me che inesorabilmente ti fisso e sto fissando proprio te, ebbene sii clemente nel tuo controsguardo.
È solo una piccola malattia la mia. Poi passa. E sarò libero di alzare gli occhi dal mio libro e guardare solo chi se lo merita, occhiale o meno.
Cose che non sapevo (ma che erano successe da tempo senza avvertirmi)
- Petra Magoni e Ferruccio Spinetti hanno fatto il terzo “Musica nuda”. (E Brian che diavolo aspetta a mettere nel podcast i brani che gli ho spedito un anno fa?)
- Guia Soncini ha un blog. (E io ho il suo libro in testa alla pila libri appena presi che ancora non sai quando leggerli)
- Esiste a Milano un’Orchestra di via Padova, cugina di quella di Piazza Vittorio. (Qui il mio primitivo e mai sopito entusiasmo)
- Luca Sofri ha aggiornato Playlists. (Senza per altro tener conto dei miei rilievi e suggerimenti, dispersi su alcuni notes e dunque mai speditigli)
- Daniele Sepe ha fondato un’omonima Brigata Internazionale (Ascolta Zamba del Che o Tarantella Guappa)
Candidamente
Faccio il biglietto alla stazione di Bordighera. Mi informo con l’impiegato che me lo porge da dietro lo sportello.
– Scusi ma è l’intercity quello con… con le prese della corrente che ci posso attaccare il computer?
– (alza un sopracciglio, sorride) Ah, guardi io proprio non le so queste cose.
– Ah…
– Io il treno non lo prendo mai.
– Sì, certo.
Cinema (e zanze) a Pavia
In queste sere bollenti di pavese singlitudine cittadina, cosa può inventarsi un uomo per sbarcare il lunario notturno, una volta conclusi senza gloria gli europei, versando nel contempo all’insetto simbolo delle nostre parti il suo regolare tributo di plasma dolciastro?
Wow ma c’è “Cinema sotto le stelle” la rassegna di cinema all’aperto al Vittadini!
L’amico Matteo che di cinema rumina assai più di me, mi ha invitato a vedere il suo, il loro Mad Day (e lo farò più tardi).
Allora già che era a tiro gli ho chiesto cosa non perdermi di questa rassegna. Ecco che cosa mi suggerisce:
- in questo mondo libero
irina palm
into the wild
cous cous
caos calmo
non pensarci
l’innocenza del peccato
il treno per il darjeeling
Se venite, ci vediamo là.
Intanto io ieri sera, muto e solingo nell’afa del salotto, mi sono scofanato un’overdose beatlesiana con “Across the universe” che mi è piaciuto una cifra.
The kazoo girl
Siccome Viola – felicemente spiaggiata al mare in un gineceo di mamma, sorella, nonna e tris di nonne vicine di casa – non la smette un minuto di gorgheggiare e vocalizzare e siccome tende a imboccare e ciucciare qualunque oggetto con cui entri in contatto, allora ho fatto due più due e con un solo gesto l’ho trasformata nella più giovane suonatrice di kazoo del ponente ligure.
Esploratrice dei limiti sonori della risonanza membranosa e nel contempo usurpatrice della pazienza dei timpani altrui.