Voglia di lavorare?

La leggera (Ginevra di Marco)

Il lunedì la testa mi vacilla
Oi che meraviglia non voglio lavorar

Il martedì poi l’è un giorno seguente
Io non mi sento di andare a lavorar

Il mercoledì poi l’è un giorno di baruffa
Io c’ho della ciucca non voglio lavorar

Il giovedì poi l’è festa nazionale
Il governo non permette ch’io vada a lavorar

Oh leggera dove vai
Io ti vengo io ti vengo a ritrovar

Il venerdì poi l’è un giorno di passione
Io che son cattolica non voglio lavorar

Il sabato poi l’è l’ultimo giorno
Oi che bel giorno non voglio lavorar

Arriva la domenica mi siedo sul portone
Aspetto il mio padrone che mi venga a pagar

Padron l’è là che arriva l’è tutto arrabbiato
Brutto scellerato lèvati di qua!

Noi siam della leggera e poco ce ne importa
Vadan sull’ostia la fabbrica e il padron!
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Ascolta: La leggera, Ginevra di Marco

Una vita da lettore

Una vita da lettore COVERRodney Rothman, Early bird (quello dell’ospizio)
Robert Harris, Pompei (per mammà?)
Joshua Ferris, Then we came to the end (quello dell’agenzia di adv)
Andrej Kurkov, Picnic sul ghiaccio (quello del pinguino)
Jennie Erdal, Ghosting (quello della ghost writer)
Jess Walter, Senza passato (1/2 pompino)
Richard Price, Clockers (thriller?)
Julie Orringer, Quando ho imparato a respirare sott’acqua (?)
Jonathan Lethem, La fortezza della solitudine (bianchi e neri)
Matthew Collins, This is Serbia calling (x Beppe?)
Mark Salzman, True notebooks (scuola scrittura in carcere)
Charlotte Moore, George e Sam (autismo)
Lynne Truss, Virgole per caso (punteggiatura, equivoci, quello col titolo buffo, in originale)
Francis Wheen, Come gli stregoni hanno conquistato il mondo (buon senso)
Dennis Lehane, La morte non dimentica (da cui il film Mystic River)

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Una vita da lettore, quando l’ho scovato qui in biblioteca ho pensato bah come farà a piacermi una raccolta di recensioni di libri e autori che non solo non conosco, ma che nemmeno probabilmente mai sono stati o saranno tradotti in Italia. Però c’era la firma di Nick Hornby e una seconda di copertina accattivante.
Ovviamente non sapevo, come tutti voi invece sì, che …
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L’Emilia o la dura legge della musica

Emilia Morozzi COVERIl libro di Gianluca Morozzi l’avevo sfogliato a pranzo in libreria. Saltando qua e là in mezzora l’avevo piuttosto letto tutto ma a sprazzi. Poi l’ho citato intervistando Graziano Romani nel podcast Di SpazioMusica. E lui rispose: “Sì conosco il libro di Gianluca, che tra l’altro saluto.” Come se Morozzi era lì che si ascoltava il nostro umile programmino senza futuro. Tra l’altro ora vorrei salutare Paola, Fabio e Paolo Fresu, ecco.
Comunque il librino di Morozzi merita. Scrivere di musica divertendo(si) e con semplicità, con la stessa genuina attitudine con cui si suona la chitarra ritmica in una cover band senza fronzoli. Con la scusa di dare risposta all’interrogativo sul legame profondo che unisce la via Emilia alla musica. Imperdibili il resoconto del Bologna Rock dell’80 (’79?), quando gli Skiantos salirono sul palco e si cucinarono gli spaghetti, e la fulminante epopea di Larry, il batterista trasparente che chiude il libro.
Cos’altro leggere di Morozzi? “L’era del porco”, dici?
Ok per fortuna la biblioteca sui monti è ben fornita.

Casuali incontri zappofili

Capperi! Era dall’85, da quella volta con le due hippie olandesi, che non facevi un viaggio in treno così interessante. La sorte ti risarcisce?
C’è un signore al tuo fianco immerso nel suo iPod, bello tranquillo. Avrà una decina d’anni più di te, casual. A un certo punto alza il telefono e senza passare dal pronto dice più o meno: “Ma hai sentito come la fanno dal vivo? È un blues ma se lo suona Zappa diventa cento cose diverse. Ascoltala!”
Ha parlato da fan. Ti ci senti già affratellato. Attaccargli il bottone è un dovere. Dura due ore il bottone (Zappa, musica, figli, lavoro, jingle, pubblicità, radio, jazz, Zappa) e si conclude con scambio di email e inviti. Lo rivedrai a settembre a Pavia al concerto dei Contenuti Speciali.
Sei fermamente convinto che sia proprio lo spirito di FZ da lassù a creare occasioni di incontro tra noi suoi adepti, spiriti liberi.
A questo punto ti pare doveroso invitare al concerto anche Helene e Martina, le due hippie olandesi dell’85.
E già che ci sei anche Cynthia Plaster Caster. Tutta gente che sicuramente già ti leggeva su Splinder, no?

Uno che è trino, spiegarlo è un…

Uno che è trino, spiegarlo è un casino
Alla creatura è sbocciata forte la passione per miti e leggende. Un paio di libri illustrati, qualche buon imbastimento orale e via, galoppando tra poeti ciechi, eroi (quasi) immortali, cavalli di legno, sirene, ciclopi, vasi, cerberi, inferi, e tutto quel fantastico corredo di storie che anche noi adulti privi di solidi studi classici riscopriamo e apprezziamo vieppiù. (Parentesi: dalla nebbia delle medie affiora l’ora di “epica”, che non ho mai capito a cosa servisse se non a colorare con la tratto pen rossa gli scudi e le lance dei guerrieri. Vi risulta l’ora di “epica”? Se avessi ascoltato dite che mi sentirei meno gnurante?).

Dicevamo, un corredo di bla bla bla e soprattutto di litigiosi e fascinosi dei dell’Olimpo, organizzati per competenze un po’ come una compagine governativa, mica come noi ora che ne abbiamo uno solo che, poveretto, evidentemente fa fatica a star dietro a tutto.

Mosso da questa consapevolezza, faccio notare la cosa alla creatura e gravemente m’ingarbuglio.
– Pensa, gli antichi greci avevano tutti questi dei e noi invece ne abbiamo uno solo.
– Gesù.
– No, suo papà. (pensare prima di parlare no eh?)
– …vuoi dire Giuseppe?
– No stella… l’altro.
– Vuoi dire che Gesù aveva due papà? (lo dice alzando un sopracciglio come quando dubita fortemente di me che sovente le racconto un sacco di cose buffe, cazzate insomma).
– Ehm… in un certo senso…
– Papi guarda che io il presepe l’ho fatto già tre volte e c’è solo Sangiuseppe (questo lo dice sbuffando come quando sa di potermi dimostrare che dico cazzate).
– Ok, sì hai ragione tu, Gesù. Comunque ‘ste cose poi te le spiega suor Rita (magari invece del corso di teatro).

La notizia buona e quella buona…

La notizia buona e quella buona
Le notizie sono due.
Una: che in mezzora di treno ho scritto 6-7 post. Sul taccuino. E dopo la stitichezza degli ultimi giorni mi pare un buon segnale.

Due: che l’esplosione del vecchio template ha messo in primo piano qui a destra tutte le mie tag. Quelle con cui ho taggato i post negli utlimi diciamo due tre anni.
Occhio che non sono le categorie, altrimenti sarebbero meno. Però qualcosa sono.
Diciamo che ora c’è un’ulteriore non-ordine che vi può guidare (sempre posto che vi sia della gente che al 9 di agosto viene qui a leggersi il mio blog) nel mio disordine.
Tempo fa qualcuno chiedeva a gran voce le categorie. Quelle le mettiamo nel blog nuovo, tranqui.
Ora però per esempio se cliccate bambini, o musica, o cinema o advertising o sesso insomma avete maggiori probabilità di capitare su qualcosa di pertinente.
E ora, pizza solinga e rutto libero.

Ehi, psst dico a te, sotto sesso non c’è nulla di che, credimi.

Taglio netto, destino….

Taglio netto, destino.
Hai presente quando senti che hai bisogno di un taglio netto ma non trovi il coraggio di tagliare?
Quando sono anni che vuoi rifare il blog e non trovi mai il tempo e un giorno clicchi nel posto sbagliato, si cambia il template e se ne sovrascrive uno nuovo senza tutte le cosine che avevi messo a punto tu? Che però diciamocelo erano vecchie di anni ed erano da rifare.
La prima tentazione è quella di andare a riprendere l’ultimo template che hai salvato, sostituire, tornare allo status quo, come se all’improvviso le tue certezza vacillassero senza quel marronaccio del titolo, senza quei link a trasmissioni radio morte, senza quel te stesso che avevi qui.
Paura di volare?
Paura di che cazzo?

Ma subito ti rendi conto che l’ultimo template che avevi salvato sta su un hard disk defunto, cadavere in attesa di pietosa ma incerta rianimazione.
E allora non è il caso di tenersi questo splinderino qui volante in attesa di passare al proprio dominio e a un blog come si deve?
Non sarà stato un segno del destino?
Si possono combattere i segni del destino?
A rischio di tenersene i segni sulla pelle?

Tant’è.
Tanto siete tutti in vacanza, chemmifrega se qui c’è qualche scompenso e qualche esperimento?
O no?
Per cui aspettatevi dei repentini e dissociati cambi di template su questo blog, che ultimamente languiva, aspettatevi una bella estate, aspettatevi quel che volete, aspettatevi, aspettatemi.

Presto, ora mi dia un rum liscio doppio, grazie.

BURP 1518 /G7…

BURP 1518 /G7
Questo blog, dalle linee dinamiche ed energiche, coniuga il fascino di un template classico con la propria forte vocazione all’innovazione, presente fin dalla nascita e genuinamente parte del dna del suo autore. Il blog si distingue per i post oversize, spesso dotati di titolazione aerodinamica a
mascherina, che si collegano a link snelli e sfuggenti, garanzia di comfort e di massima leggibilità.
Disponibile in cinque tonalità colore, tra cui i classici nero, canna di fucile e avana maculata, questo modello di blog, dalla personalità spiccatamente internazionale, ideale per arricchire una personalità femminile ma grintosa, adatto ad ogni occasione del lifestyle, è attualmente fermo causa guerra intestina tra il suo autore e le tragiche conseguenze dell’uso e abuso di un linguaggio fuffarolo e markettaro da cui egli non riesce più a liberarsi.

Noooooooo…

Noooooooo
Che la cocaina fosse "il segnale che ti manda dio per dirti che avevi fatto troppi soldi" (Robin Williams) lo sapevamo già.

Abbiamo appena scoperto che la morte del disco rigido del tuo notebook è il segnale che ti manda dio per dirti di fare più spesso dei backup dei tuoi dati.

Mo’ me lo segno.
Amen.

Le truppe vespucciane sono sbarcate in Normandia


ZB: E così lui ha capito che quella terra non era l’India come credeva il suo collega Cristoforo Colombo che l’aveva scoperta, ma una terra nuova che nessuno conosceva.
Creatura: E poi?
ZB: E così ha deciso di dargli il suo nome. Lui si chiamava Amerigo Vespucci e l’ha chiamata America.
Creatura: Ma non poteva chiamarla Vespuccia?
ZB: … Mhm sì forse poteva. Certo tutta la storia avrebbe avuto un suono diverso.