Musica, poesia, crudeltà…

Musica, poesia, crudeltà
Un anno fa mi ribattezzarono Treccia e ci toccò il momento conviviale del buffet. Quest’anno, la voce di Luana Pasi e il mio pianoforte contribuiranno "a sottolineare le necessità esplosive della scrittura".
Accorrete dunque numerosi e poetici all’ascolto dei poeti e del jazz che infileremo le righe.

Oltre il principio della crudeltà
Martedì 28 novembre, ore 21
Milano, Casa della Poesia – Palazzina Liberty 

La rivoluzione in ogni life…

La rivoluzione in ogni life
Dato che
tutti parlano di Second Life, ci siamo incuriositi anche noi.
Ecco una lista dei primi pressanti interrogativi: ma quanto costa entrare? Ma si può delinquere? Ma come si fa a fare i soldi? Ma si pagano le tasse? Nessuno muore mai? Si può rivendersi le proprie creazioni? Si può abolire la proprietà privata? Fondare un partito? Fare la rivoluzione?
Li abbiamo girati a Beppe, nostro primo "inviato" laggiù. Ecco cosa risponde.

Su Second Life, che dire, non sono proprio un esperto, tuttavia devo costatare che purtroppo esiste già la proprietà privata. Sembra che dai tempi della socializzazione infantile con il Monopoli fino agli scambi pre-adoloscenziali delle figu Panini, i giochi propongano sempre modelli dello scambio capitalista! Solo nel piccolo chirurgo c’era quel pizzico di erotismo che certamente sfuggiva a chi l’ha progettato (chiaramente pensato per la classe dirigente ossessionata dall’indirizzare le aspirazioni professionali dei loro bimbi) e a genitori ignari del desiderio indotto di giocare al piccolo ginecologo con la cuginetta. Sarà per questo che normalmente non amo i giochi, specialmente quelli spacciati per giochi “di società”, dove di sociale c’è solo l’incapacità di socializzare senza dadi e altri sottili strumenti di prevaricazione sociale (certo che avevano più figu i figli degeneri dei ricchi, acquistavano la fortuna insieme a edicole intere per saccheggiarle!).

Beppe… ora mi vai fuori tema, dicevamo Second Life…

E allora, pure qui nella Second Life si può acquistare e costruire, e pure vendere cose. A prima vista, ho notato presenza di Casinò e bordelli, due fra le attività di commercio che da secoli tirano molto nella First Life esaltandone lo spirito della morale capitalista. Io ho tentato invano di costruire una falce e martello gigante, senza successo, per ora. Chissà che ci siano limiti all’espressione artistica, non ne ho idea. Devo ancora poi intavolare un comizio virtuale, per ora ho fatto solo due passi in giro con una “apparente” signorina e ho attaccato bottone qua e la’ in un paio di mondi, poi ho parcheggiato il mio avatar a contemplare un laghetto, seduto su una staccionata..,
Già. E se fosse questo il mio sogno represso per
la Second Life?
Bighellonare un po’ depresso, da solo, guardando un triste laghetto.

E voi che ne dite? Avete altre testimonianze?
Quando potete entrate e togliete Beppe da quel laghetto?

Du-lon-du / ie ie ieee*…


Non mi ricordo quando ho ricominciato a farmi in modo pesante. A farmi di Beatles dico Forse da quando ho messo il librone delle musiche ben saldo sopra il piano. O l’anno scorso, quando ho
intervistato la mamma 40 anni dopo il Vigorelli.
Ma la detonazione è stata l’interesse della creatura. Appassionata dacchè ha visto alcune illustrazioni del Sottomarino giallo. Sentirla cantare letitbild. Mostrarle le foto (qual è quello che assomiglia allo
zio Beppe? George.) Raccontarle pezzi della storia dei Fab Four. “Che facevano innamorare tutte le ragazze (anche la nonna ragazza?) e che poi un giorno sono andati in India e sono tornati con le camicie coi fiori e una chitarra così strana ma così strana che nessuno sapeva neppure come si chiamasse!”.

Sentendo forte dentro di me l’imperativo categorico della formazione della terza generazione di beatlesiani, ho ricominciato a farmi. E li ho riascoltati. Per la terza volta massivamente, complice un qualche libro e orecchio più adulto. La prima fu nell’infanzia complici i nastri dello zio e della mamma. La seconda da grande sui 20 anni. L’ultima ora. In particolare riascoltando – da maturo – la loro fase più matura. All’incirca da Revolver in qua.
Alt, qui ci si dilunga. Oggi volevo solo dire chissà com’era contento il buon George Martin che finalmente i sopravvissuti e le aventi diritto si trovavano d’accordo nel far usare le musiche al Cirque du Soleil. Com’era contento di ritirar fuori quei nastri e di mettersi lì alla sua età a tagliare, incollare, pulire, spostare. Mescolare. E della fortuna che ha il suo figliolo, benedetto ragazzo nell’assistere cotanto babbo in cotale onore.

Ascolteremo Love (qui alcuni pareri).
E attenderemo il giorno in cui la creatura ci porterà un disegno: “Questa è Lucy nel cielo coi diamanti”.

* Sandro che aveva un fratello grande e me la insegnò così. She loves you.

Compleanni…

Compleanni
In questi giorni mi sono basito di fronte a due ricorrenze.

I venti anni delle calze autoreggenti.
20? Gli stessi che ci separano dai gol del Pibe a Pete Shilton a Messico ’86. Non vi paiono pochi?

La boumI 40 anni di Sophie.
A proposito, cara Vic, al tempo delle mele quel pomeriggio di circa 24 inverni fa, ero assente giustificato perché avevo preso 5 in latino nel compito dei verbi. Mi hai poi perdonato?

E posso ora pubblicamente confessare che comprai persino lo spartito di Reality, di Richard Sanderson.

Alla conquista di quella casa nella prateria…

Alla conquista di quella casa nella prateria
Laura Ingalls
Se 25 anni fa mi avessero detto che Laura Ingalls avrebbe sposato Luke Macahan, siceramente non l’avrei creduto possibile.
Ok che stavano entrambi nel vecchio west. Ma in due telefilm diversi perdiamine!

E che Laura Ingalls è esistita per davvero lo sapevamo?
Io no. 

Autumn in Paris…

Autumn in Paris
Lì si può anche fumare al ristorante.
È una metropoli ma per quanto ho visto molto tranquilla.
C’è un fiume, bei palazzi, un grande museo con la piramide di vetro.
E tantissima gente. Soprattutto francesi. Che credevo che erano stronzi e invece sono gentili. Una volta avevano il re ma poi se ne sono liberati e ora gli eredi dei loro re non si sa neanche se esistono mica come i nostri.
C’è una torre di ferro famossissima, alta come una bambina che passa dentro la foto.
Ci sono fontane dove i bimbi pascolano le proprie barchette.
E parchi giochi mervigliosi dove puoi entrare solo se ci hai l’enfant. E il fanciullino che hai dentro non vale. "No messieur, c’est imposible!"

C’è un cimitero gigante pieno di famosi. Ma anche di gente normale che piange davanti alla lapide di suo cugino per dire.
In quei giorni c’erano anche le bandiere in bianco e nero. Chissà perché. Però belle.
E poi ci sono i tetti degli Aristogatti, una libreria in disordine, dei topi morti in vetrina, un quartiere pieno di negozi porcelli, posti dove un jeans vien via con 400 euri, un fisarmonicista fico come pochi e un milione di altre cose.
Starci costa molto meno di Londra. Se poi c’è un amico, il Fugaz, che ti ospita allora è proprio conveniente. Merci a Fugaz per l’ospitalità, le dritte, la compagnia, le telefonate in Italia, la connessione costante, lo scambio di figu celo celo manca. E anche per le scarpe da tennis senza le quali avrei ancora le bolle ai piedi.

Ah, e caro il mio custode della Villette, ci si rivede a primavera.
Porterò l’enfant.

I post (e i commenti) degli altri…

I post (e i commenti) degli altri
Sì, perché molte volte il meglio è proprio dentro i commenti.
Per esempio quando Zu rilancia il gioco di scrivere una storia in sei parole.
Oppure quando i maestrini cercano il titolo per il loro libro su web & amore (& sesso).

Ti odio poi ti amo poi ti odio poi ti amo…

Ti odio poi ti amo poi ti odio poi ti amo
La prima volta che ti ho incontrata, mentre correvo in Vernavola, mi sei stata subito sul cazzo.
Non c’entravi niente con quel posto. Sinceramente mi dava fastidio incontrarti sempre lì, in tutte le stagioni. Alla fine per evitarti facevo persino un giro più largo. E forse ti devo anche ringraziare per quell’etto emmezzo che ho perso.

Poi ho smesso di andare a correre e mi sono ritirato sul divano. A guardare la tv.
E non ho più pensato a te.
Le mie incazzature stavolta le riservavo al traffico sotto casa. All’up & down da fare col volume della tv quando passa il tir.
Poi l’altra sera improvvisamente, il silenzio. Al mattino dopo un amabile fruscio.
Incredulità.
Poi la coscienza che era accaduto: il traffico pesante scomparso.
Merito tuo, oh nuova tangenziale nord, oh mio nuovo amore.

Se ne dibatte, naturalmente anche sul neonato blog della Provincia Pavese.

Pavia che piove sotto casa

Vostro Onore. E che vogliamo dire di quelli…

Vostro Onore. E che vogliamo dire di quelli che…
Ecco, io non vado quasi mai alle mostre ma talvolta sono loro che vengono da me. E così lo IAP, Istituto Autodisciplina Pubblicitaria, mi ha piazzato in Stazione Centrale a Milano proprio sul "mio" binario l’esposizione "Pubblicità con giudizio" dedicata ad alcune campagne bloccate in questi 40 anni di Autodisciplina.
Un po’ di immagini stanno sul
Corsera, io segnalo – tra i chissà quanti che ne hanno parlato – il post e le foto di Disruption e il dibattito sul blog dell’ADCI.

A parte i pezzi di storia patria, tipo il culo biblico di Levi’s, tra quelle meno note alcune sono terribili (Radio Kiss Kiss), altre divertenti (IKEA) o inquietanti (Eastpack). Tutte sono comunque interessanti.

E se oltre a guardare le figure (o i video) trovi anche 5 minuti per metterti a leggere, accanto a ogni campagna trovi 3 pareri: le ragioni del no, quelle del sì e la decisione finale del Giurì. Accusa, difesa e sentenza insomma.

Alcune ragioni del sì (Kiss Kiss su tutte, mannaggia nessuno l’ha fotografata?, nel sostenere che le gambe spalancate richiamino solo la posizione delle antenne) mi paiono paragonabili – per siderale paraculaggine e stridore di unghie sui vetri – solo alle arringhe dell’avvocato Messina a W Radio 2.

La posta di Burp!…

La posta di Burp!
Riceviamo e doverosamente pubblichiamo:

 

Ciao Zio,
sono tuo cuggino Slurp, volevo chiederti un consiglio.
Tra qualche giorno farò un colloquio di lavoro e, avendo un blog personale, è una delle cose di cui liberamente scriverei lì sopra. Però: dato che tempo fa ho fatto outing al lavoro, ora il mio blog lo leggono non solo i colleghi ma anche i miei capi.
E un qualche scrupolo di opportunità io me lo faccio.
Tu che ne dici?
Grazie ciao
Slurp


Ciao caro, buona domanda.
Il mio consiglio è: spedisciti una lettera in cui – fingendoti un amico o un parente – ti chiedi un consiglio. Poi pubblicala sul blog. E senti che ne dicono i tuoi lettori.
In bocca al lupo e fammi sapere.
Ciao, saluti a nonno Snort e a zia Sob.
ZB