L’ultimo odore del re (2)
Segue da qui, leggi il primo pezzo altrimenti non capisci una mazza, grazie.
Kalashio aveva i capelli bruciacchiati, sangue sulla corazza e portava una borsa frigo da picnic.
Marcesco teneva in mano una lattina metallica anonima, senza etichetta.
Giolenno si presentò a corte con la vecchia spada arruginita del nonno, che aveva combattuto le truppe uncinate.
Re Fiutone si avvicinò e Kalashio aprì la scatola. Dentro ci stava il cuore del drago strabico che faceva ridere i bambini al circo di Ulavannàm, dall’altra parte del mondo.
– Il cuore di un drago è fatto di carne ma odora di zolfo – disse Kalashio.
– Nelle borse frigo ci vuole il ghiaccio, stolto – replicò il re sollevando un brandello di cuore secco. – Consegnatelo al boia – aggiunse passando oltre.
– Sire, – esordì Marcesco – in questa lattina vi è un odore che mai avete conosciuto. Questo è il respiro con cui una madre ha perdonato l’assassino di suo figlio, appena prima che lo giustiziassero. – Strappò la linguetta e porse la lattina al re. – Si chiama pietà, la conoscete forse? –
Il re, incuriosito, annusò a fondo e assaporò l’aroma ad occhi chiusi.
– Sbagli, cavaliere. Gli odori non mentono mai quanto gli uomini. Quella madre tramava con l’assassino per far uccidere il figlio e poi fuggire con lui. Questo odore è l’inganno, è il tradimento. Dunque lo conosco, dunque anche tu, al boia. –
E così dicendo arrivò davanti all’ultimo cavaliere.
Giolenno sfoderò la spada e la tese verso il re.
– Orsù sire, saziate le vostre nari sul filo dell’antico metallo.
– È una fiaba moderna, cavaliere, potete parlare come mangiate – rise il re. – E perché poi dovrei abbassarmi a tanto? Si tratta solo di una vecchia spada arrugginita.
– Padre – intervenne Clevania – le tradizioni vanno onorate, i patti rispettati. È un insegnamento che mi avete impartito spesso.
Il re sbuffando si chinò. Quando posò il naso sul ferro, il braccio di Giolenno fu rapido e tutta la lama affondò dentro il collo del sovrano.
Subito le guardie furono addosso al cavaliere e lo presero per le braccia.
Il re, chino sulle ginocchia, sputava sangue e tossiva bestemmie.
– Che cosa sentite maestà? Ditelo avanti! Ditelo forte ora! – urlò Giolenno divincolandosi, mentre le guardie lo portavano via.
Il re alzò un braccio per fermarle.
– Lasciatelo. Lui ha vinto – la sua voce era liquida – Questo odore è nuovo per me. È l’odore… della mia morte – concluse in un rantolo prima di cadere in una pozza scura che odorava di vecchi sigari e topi.
Clevania sorrise. Giolenno la strinse a sé. Marcesco, appena libero, corse a congratularsi con i due giovani e poi tornò in biblioteca.
E tutti vissero felici e contenti.
Già, tutti meno i bambini del circo di Ulavannàm.
dal paese delle meraviglie…
dal paese delle meraviglie
La protesta di Peluchopoli: “Ci avete abbandonati!”
Ieri pomeriggio un pacifico corteo ha sfilato in silenzio lungo il tappeto della cameretta per manifestare contro la prolungata assenza della creatura, che – causa vacanze – manca ormai da oltre un mese. Una delegazione di manifestanti ha incontrato rappresentanti dei Lego e degli Animali di plastica per allargare il fronte della protesta.
La manifestazione si è svolta senza incidenti, nonostante le provocazioni di alcune Barbie che, sportesi da uno scaffale, si sono prodotte in sbeffeggiamenti e gesti di scherno. Ricordiamo che due Barbie risultano attualmente scomparse e si va diffondendo la voce – non confermata da fonti ufficiali – che esse siano state scelte per le vacanze della creatura.
L’ultimo odore del re (1)
C’era una volta un re vecchio e malvagio che aveva una figlia giovane e bella. Il re aveva un nome nobile, un nome da re, ma tutti lo chiamavano solo Re Fiutone. Egli aveva infatti un prezioso dono di natura, sviluppato con l’esercizio e l’allenamento: sapeva distinguere con assoluta precisione puzze e profumi, aromi e odori.
Da giovane aveva sfidato e vinto in tenzoni olfattive i profumieri di Fraglandia e gli speziali di Urganza. E dicevano le leggende che con il passare degli anni, il naso del Re Fiutone si era così affinato da riconoscere persino gli odori delle cose senza odore: i pensieri, i sentimenti. Ma queste erano solo leggende. La verità era che quel sovrano si vantava di conoscere ogni odore presente sulla terra.
Un giorno sua figlia, la principessa Clevania, cominciò a dar segni di impazienza e infelicità.
– Figlia, che è questo puzzo?
– Padre, i fiori sbocciano, è la mia primavera. Desidero un marito.
– E sia. Faremo un torneo.
– Ma padre… c’è già un cavaliere che mi garba assai e…
– Come osi? Rinneghi le tradizioni? Dimentichi forse che siamo in una fiaba?
Clevania pianse lacrime profumate di muschio e di ortensie.
Tre cavalieri si presentarono al torneo: Kalashio, che era forte come quattro tori ma arguto quanto un quarto di bue; Marcesco, gran parlatore, polemista e filosofo; e infine Giolenno, pacifista e sognatore.
Il re lesse il bando del torneo: avrebbe avuto in sposa Clevania, chi nel volgere di un mese, avesse offerto al suo sovrano un nuovo odore che le nobili narici mai avevano conosciuto. Chi avesse fallito sarebbe stato consegnato al boia.
Kalashio non ci pensò neppure un attimo: prese il lanciafiamme, saltò sulla moto e sparì sgommando verso le montagne della luna.
Marcesco sorrise e se ne tornò placido in biblioteca.
Giolenno si chiuse in camera sua a pensare, suonare il flauto e scambiare sms con Clevania, da cui era assai riamato.
Il mese passò rapido e i cavalieri si ripresentarono a corte.
(Segue?)
punti deboli…
punti deboli
Tra il dirle e il darle
Anche io quando da ragazzino giocavo al pallone, se mi dicevano figlio di puttana o insultavano mia sorella perdevo sempre le staffe e facevo subito a pugni. Così quando mi sono trovato di fronte alle grandi scelte della vita ho dovuto tener conto di questo mio punto debole. E rinunciare a una carriera di calciatore professionista colma di onori e gloria, optando per una scelta impiegatizia più di basso profilo, ma assai più sicura sotto il profilo disciplinare.
Ieri per esempio, alla macchina del caffè un collega ha fatto un apprezzamento di troppo su mia madre.
Mentre i suoi denti rimbalzavano sul pavimento, ero felice di non essere in mondovisione.
musica"I owe my soul to the company …
musica
"I owe my soul to the company store"
Domani sera al Castello Visconteo di Pavia, concerto della Corale Valla, di cui qui si parla spesso per ragioni musical, amical, familiari. Maggiori dettagli li trovate qui. Le novità in scaletta saranno dei piccoli sconfinamenti in territori extra gospel (Spiderman Theme, We Will Rock You).
Il mio rock-soul-fratello Teo per l’occasione ripescherà dal cilindro del repertoire Sixteen tons, un brano che per noi famigghia ha una certa storia (ma ne ha anche una meno personale). Trattasi assai semplicemente della prima canzone che Teo cantò compagnandosi con la ghitarra, circa un quarto di secolo fa. Che ancora non aveva i peli in faccia ed era il sosia del piccolo della famiglia Bradford. E rompeva infinitamente meno i maroni.
La canzone parla proprio del duro lavoro di sgobbing (da to sgob) di un minatore del carbone. È bellissima. A maggior ragione, secondo me, se ve lo canta uno che per campare sgobba per davvero dentro un fottuto magazzino.
musica…
musica
Che coss’è l’amor / è quel concerto ritrovato
La prima volta che vidi Vinico fu in un club, dopo Camera a sud. Ne fui folgorato. Quel concerto e quelle canzoni vennero trasmesse poi da Radio 2 e io immagazzinai tutto su un tape C90 che a lungo mi accompagnò.
Poi lo persi. Ma fratel Teo giusto l’altro ieri mi indicò la via de L’accolita dei rancorosi, dove ritrovai quel vecchio concerto (Lombardia Jazz Festival) e parecchie altre cose caposseliane assai gloriose e golose. E pure stuzzicanti primizie.
A questo pensavo ieri sera mentre stavo a Vigevano al concerto di Vinicio Capossela con ospite Marc Ribot. A quel concerto di (quanti? dieci?) anni fa, amato perduto, podcastato, downloadato e ritrovato.
Un concerto infinitamente più bello e semplice di quello di ieri. Come io medesimo ero – ne sono certo, diamine – infinitamente più bello e più semplice allora.
Amen.
Credits: la foto (bellissima) scattata durante Maraja l’ho presa su Flickr (per queste cose comodissimo). Il suo autore è Christian Fossati e qui trovate il suo slideshow.
la musica che non t’aspettiDelle cose che si…
la musica che non t’aspetti
Delle cose che si scoprono con Coverville
Imperterrito e felicemente inebetito, continuo a scavare in quella miniera d’oro musicale che è Coverville, il podcast di Brian Ibbott (che è pettinato come me). E vedo cose che voi umani punto.
Tipo, avreste mai detto che Still haven’t found what I’m looking for era in origine un pezzo doo-wop anni ’50? E che Oops I did it again era stata registrata nel 1932 da Louis Armstrong? E che Stairway to heaven discende da una frizzante canzonetta beat in puro stile imitativo beatlesiano?
Questo e altro nella puntata Beneath the planet of Originalville, dedicata alle versioni originali di canzoni che neppure ce lo immaginiamo che nascevano come cover.
Dopo domani suono a un matrimonio. Mentre pausiamo (per doverosa cibaria o sfumazza), metterò su solo musiche tratte da Coverville. Per vedere l’effetto che fa. Many thanks, Brian. And compliments!
Ah, sempre in tema di podcast, sono in grado di confermarvi che L’impostore è vivo e lotta insieme a noi. E che il suo artefice sta preparando una nuova puntata.
Lapsus…
Lapsus
– Guarda… non dirlo a me. Sarà un mese che ho tutti gli ormoni in subbuteo…
– Deve essere per i mondiali.
– Già.