extravaganze musicaliCavolus in musicaSiete…

extravaganze musicali
Cavolus in musica
ZucchinofonoSiete mai stati a un concerto in cui i musicisti escono da un fruttivendolo, arrivano sul palco, si fabbricano da sé gli strumenti, suonano e alla fine vi invitano a cibarvi degli strumenti medesimi, disciolti in un catartico miniestrone?

No? Neppure io.
Ma se potessi domani o dopodomani andrei di corsa a Genova, al Teatro della Tosse (ne scrissi qui e qui) a godermi la Vegetable Orchestra. Che me li immagino un po’, questi viennesi qua, come una specie di Banda Osiris rigorosamente vegana, ma altrettanto pazzariella.
Bene, non occorre aggiungere altro, se non rimandarvi a quanto scrissi molti mesi fa.

Ah, diamine: il Teatro della Tosse ha anche un blog.
Ricordatemi/vi di andare a curiosare.

trasmissioni da non perdere, oggi o domani…

trasmissioni da non perdere, oggi o domani che importa?
Radio2 Podcast, la radio del giorno dopo
CaterpillarDa un paio di settimane riesco finalmente a seguire Caterpillar. Me lo scarico qui e me lo ascolto in treno tornando a casa. Proprio come facevo prima dello sciagurato salto in FM e conseguente crollo degli ascolit. Dei miei ascolti dico, quelli sulle onde medie.
Con l’unica – tutto sommato trascurabile – differenza che ascolto la trasmissione di 24 ore prima.
I file mp3 durano circa un’ora al netto della pubblicità e della musica.

Apro una parentesi. Eccola. Ora arriva. (Trovo molto simpatico l’on. Zacchera, che è di AN. Come "pianista" è persino più abile di Annonio Di Bella. Non so, forse mi devo preoccupare. Chiudo parentesi).
Poi di Caterpillar riparliamo presto, sicuramente anche per segnalare M’illumino di meno.

Intanto online ci sono altre trasmissioni pronti-via, scarica e ascolta quando vuoi. Per l’esattezza un paio di antologie di Viva radio 2 (che comunque va in replica alle 23), 610 e altre cose che non conosco o non frequento.
Se meritano, please, ditemelo grazie.

Manca all’appello, diamine, Dispenser.
Matteo, che aspettate?
E tu, Matteo (l’altro), idem, che aspettate?

Il treno ritarda? Arriva l’amore. (2a puntata)

Riassunto breve: due pendolari single a forza di aspettar invano i treni sulla Milano-Genova, si conoscono, poi si fidanzano e presto si sposano.
Segue da qui.

 

Ora le Ferrovie dello Stato, conosciuta questa vicenda con i ritardi nel ruolo di Cupido, siano indecise sul da farsi.
Le ipotesi principali sono tre:

1. Le FS pagano il viaggio di nozze agli sposi. Ma solo a patto che detto viaggio si svolga in treno e che la distanza da percorrere per giungere alla località prescelta sia pari alla somma dei chilometraggi dei singoli abbonamenti personali interregionali, moltiplicata per il coefficiente mensile dei ritardi, più la quota zecche.
2. Le FS utilizzano gli sposi e la loro storia investendo qualche milionata di euro in una delle loro campagne simpatia. Che a noi pendolari sono piaciute tantissimo, oh sì deliziose.
3. Le FS migliorano il servizio in fatto di pulizia e puntualità. Su quest’ultima ipotesi, Steven Spielberg in persona si è detto interessato a mettersi subito al lavoro.

“La novella nun è bella se sopra non ci si rappella”


Fiabe It CoverGrazie a chi mi ha invitato a scrivere in un
bellissimo posto: La Magia della scrittura.
Ho cominciato con
questo.

felini della mia vitaIl gatto che visse tre…

felini della mia vita
Il gatto che visse tre volte
Il primo libro che lessi da solo fu Zanna Bianca. Forse per questo ho sempre desiderato un cane. E ho sempre avuto gatti.

La prima fu Baffina. Me la regalò Battista, un gigante scuro che faceva il custode della scuola. In quell’anno i mondiali erano in Germania e un treno era esploso in una galleria. Baffina era bianca e grigia. Molto piccola. Dopo una settimana cadde dal davanzale del bagno, primo piano. La ricoverammo ammaccata ma viva in una cassetta della frutta. Un paio di giorni dopo al ritorno da scuola mi dissero che era scappata. Me la bevvi.

Poco dopo venne Smokey. Il Governo era targato Moro, lo scudetto era a Torino. Smokey lo trovai io, al parco giochi, piccolo, nero, randagio e nascosto. Lo portai su con la scusa di dargli del latte e si fermò una decina d’anni. Era nero, maschio e gagliardo. Cadde dal balcone, finì sotto un’auto, imbastì risse con qualunque randagio del quartiere. In campeggio un’estate respirò la libertà assoluta e meditò la fuga con una tigrata rossa da sballo. Lo riacciuffammo e finì l’epoca dei gatti semiliberi. Divenimmo affettuosi carcerieri di gatti. Quando Smokey se ne andò, era lungo e freddo e secco. La cosa più rigida e spaventosa che avevo mai toccato.

Qualche anno dopo, mentre il Milan e il pentapartito dominavano, arrivò Cindy. Fu un regalo di Lady Burp quando ancora era Miss Se Stessa, nel giurassico della nostra storia. Cindy era nera e bianca e femmina e curiosa. Era capace di farsi un intero isolato zompando di balcone in davanzale: grazie a lei conoscemmo tutto il vicinato.

Un paio d’anni dopo, appena finite le notti magiche, arrivò un batuffolo di randagio grigio. Maschio, fu battezzato Pork. Pork e Cindy convissero more uxorio per anni, ma senza mai consumare. Le poche volte che si applicò, Pork pretendeva la posizione del missionario. Cindy protestava. È che Pork era un giocherellone. Diventò un grandissimo portiere senza mai uscire dal salotto di casa. Diventò anzi il portiere felino più abile che avesse mai calcato il tappeto di un salotto. Intanto una sera in apertura di millennio Cindy se ne andò, minata da un gonfiore al ventre. In seguito Pork perse tutti e quattro i canini e anche la passione per la pelota, cambiò nome e diventò Pappabona, l’unico richiamo cui rispondeva. Molti anni dopo ancora, la creatura lo ribattezzò Tato, per distinguerlo da Tata.
Un giorno presi da parte Pork e Cindy e gli spiegai che andavo a vivere da solo. Me lo concessero in cambio del mio posto sul divano. 

Manca solo Tata, giunta quando i cugini ci soffiavano l’europeo. Grigia e bianca, Tata nacque selvaggia in un infimo e inaccessibile scantinato del centro, tra carcasse di topi e di suoi avi felini meno fortunati. Il suo pessimo stato di salute le valse un biglietto di sola andata per diventare gatta domestica. Ebbe in sorte il nome Morgana, per la creatura (e poi per tutti) fu Tata. Si rimise dagli stenti iniziali e fu felice. Ma solo per qualche settimana. Un dì, rovinò nella vasca da bagno e perse per sempre l’udito. Si riprese ottimamente. Un’estate andò in villeggiatura a Voghera dai suoceri. Lì cadde dal terzo piano e per settimane portò una specie di maniglia di ferro sul fianco a comporre due o tre fratture. Da allora non è più rientrata alla base: è sempre rimasta dai suoceri e non le è accaduto più nulla. Non zoppica e non sente nulla: in compenso mangia e dorme quanto tre gatti. Gattolfiera e Mongolgatta sono i suoi nuovi nomi. Vive in campagna e, quando non esplora i campi vicini, dorme davanti a Sky Calcio accanto al suo nuovo padrone, Telecomando Seduto. Che è il nome indiano di mio suocero.

Gatto con tre nomi
In questi giorni Pork-Pappabona-Tato ha compiuto 16 anni.
Ieri l’altro ha fatto l’ultimo salto verso l’aldilà felino.
Ad attenderlo, una pallina, un tappeto e il suo antico padrone coi baffi grigi.

Ebbe un nome giovane e sbarazzino per l’infanzia. Un nome affettuoso e "nonnesco" per la maturità. Il nome più infantile per la vecchiaia.
Un gatto, tre nomi, tre battezzanti, tre pezzettini di una storia. 

spot tv: Quiet Please! Il…

spot tv: Quiet Please! 
Il pcup sulla Base Lunare Alfa 

Era tempo che volevo segnalare il sito di Quiet please!
Perché è bello lui, il sito (con un archivione di spot e di musiche utilizzate in pubblicità) e perché sono bravi loro.
A Quiet Please! si compone o si sceglie il commento musicale per gran parte degli spot prodotti in Italia. E queste cose le sapevo già.

Quiet Please StudioOggi però questa segnalazione la faccio ancor più volentieri perché ci sono stato a Quiet please!.
Ora, vedete, io sono un piccolo umile copy di provincia, un pcup appunto, e sono un musico da osteria più che da grande studio. Quindi quando mi capita di uscire dal mio piccolo mondo e metter piede in quello più grande della metropoli, dei grandi professionisti e dei luoghi importanti dell’advertising, insomma talvolta mi capita di spalancare gli occhioni, fare oohh e pensare cazzarola.

L’altro giorno ho lavorato in uno studio galattico (pareva la Base Lunare Alfa), con tutta la meglio tecnologia e soprattutto con persone preparate, rapide, efficienti. E pure simpatiche. Unico minimo rimpianto, non aver neppure accarezzato il piano a coda nell’ingresso.
Che dire? Mi auguro di tornarci presto.

dal paese delle meraviglieLa prima volta del…

dal paese delle meraviglie
La prima volta del "trucco del sogno"
Alice coverNon ricordo quando è stata la prima volta in cui leggendo un libro o vedendo un film, ci sono rimasto di sasso per il "trucco del sogno". Insomma, tu sei lì che ti bevi una storia e a un certo punto – a volte suona anche la sveglia – il protagonista si desta e capisci che era solo un suo sogno. O incubo, che importa. Importa che per te era vero, che tu ci stavi credendo. Ed è anche possibile che tu ti senta un po’ preso per i fondelli. Almeno la prima volta. È vero che ormai ci siamo abituati. E che spesso il regista o lo scrittore di turno ci mandano qualche segnale per prevenire la sensazione di raggiro della nostra fiduciosa attenzione.

Ebbene, alla creatura è accaduto ieri. La prima volta voglio dire. Il debutto del trucco del sogno nella sua testolina tuttora vergine a malizie e trucchi narrrativi.Dopo conigli in fuga, bruchi fumatori, cappellate di te, funghi magici, l’Alice dello schermo si è svegliata nel parco. Quella sul divano ci ha guardati stupita, completamente incredula. Poi, gesticolando il suo disappunto ha scandito: “Aveva sognato tutto. Era tutto un sogno”. Calcava forte sui gesti e sulle parole, proprio per sottolineare che lei ci aveva creduto. Fidandosi. Completamente.
E appariva in verità assai più stupita che presa per i fondelli. Non so. Forse quella è una sensazione più adulta che provi solo se hai pagato il libro o il biglietto del cine.

dal paese delle meraviglieIl contratto con…

dal paese delle meraviglie
Il contratto con Babbo Natale. Un impegno rispettato
Babbo Natale 2005Un mesetto fa, quando con la creatura scrivemmo la prima letterina a Babbo Natale, pur in assenza del noto tavolo di ciliegio, io mi adoperai per inserire accanto alle richieste di doni almeno un paio di promesse: di essere sempre educata e obbediente (“non come Riccardo” aggiunse lei e io puntuale lo scrissi pur ignorando chi egli sia) e di destinare alcuni vecchi giocattoli ai bimbi meno fortunati.

Sul primo punto ovviamente la valutazione si fa sul lungo periodo (anche tu Riccardo, certo). Sul secondo punto invece avvengono in breve due fatti piuttosto stupefacenti: già in sede di apertura pacchi, sotto l’albero, la creatura sceglie le cose che le piacciono di meno e le mette da parte (si badi: senza aprire la confezione, senza toccare un bambolotto o un peluche) per i bimbi poveri. La settimana dopo, Lady Burp la richiama all’impegno preso con Babbo Natale e lei riempie un sacco di vecchi giochi che obiettivamente davvero non usa più. Poi guarda la sua stanza e commenta: “Così c’è anche più spazio”. Lady Burp si commuove: “Mi assomiglia. Sa disfarsi degli oggetti inutili: appena cresce le faccio tenere in ordine la scrivania del babbo e svuotare il garage del nonno”.

Ne ho preso atto. In extremis, ho intercettato il sacco e salvato una mucca in peluche, floscia e bruttissima, che se tiri la cordicella suona un carillon.

Il treno ritarda? Arriva l’amore


Ritardi FSLui va per i quaranta e fa l’avvocato a Milano.
Lei dimostra qualche anno in meno, non so che lavoro faccia. Ma va a sud, verso Genova.
Entrambi pendolari, entrambi single, prendono il treno tutti i santi giorni a Pavia più o meno alla stessa ora, tra le 7.30 e le 8.00. Lui sul binario 3, lei sul 2. Destinati a non incontrarsi mai. Schiena contro schiena da anni, tutte le mattine. Chi col libro, chi col giornale, di spalle, ignorandosi.

Poi arriva il lungo inverno in cui le Ferrovie dello Stato cambiano gli orari. E tutto cambia. Per interminabili mesi tutti i treni tardano, si accavallano. A volte saltano, spariscono insomma.
Alcuni vengono aboliti. Fa freddo qui tra il binario 2 e il binario 3 nell’inverno del 2005. Centinaia di pendolari surgelano in silenzio.

Una mattina di dicembre, la schiena spazientita di lei urta per caso quella avvilita di lui.
Mi scusi. Nulla. Sorriso.
La storia non dice chi fa il primo passo. Nè quanti anni hanno passato lui e lei l’uno accanto all’altra senza vedersi. Ignorandosi diretti altrove.
La storia dice che proprio grazie ai ritardi lui e lei si sono conosciuti. E fidanzati. Che a primavera si sposano.
Che, letta questa storia, le Ferrovie dello Stato gli pagheranno il viaggio di nozze.

No, scusate, quest’ultima è troppo grossa anche per una storia di fantasia.

(Segue)

dal paese delle meraviglieI piedini come il…

dal paese delle meraviglie
I piedini come il pesce. Dopo tre post puzzano
Premesso che lo so che rischio di frantumarvi i maroni con questa storia, del racconto e del premio. Presto la smetto, prometto.
Anche perché dopo l’alloro e una buona sbornia celebrativa, verrà presto il momento di mettersi a scriverne altri di racconti.
Nel frattempo, però, vi segnalo che se ne parla qui, su Miapavia. Che ringrazio per l’attenzione.