diventare blogstar: "chi si contenta…

diventare blogstar: "chi si contenta gode" o "la volpe e l’uva"? 
Io e i miei 17* (preziosi) lettori

Ecco, forse questo post dovrei metterlo su Ineditablog, ma c’entra assai anche con BURP!, quindi facciamo che lo metto sia qua che là.
L’altro giorno pensavo che quando ho aperto il blog, giugno 2003, mi vedevo entro pochi mesi affermata blogstar. Grazie a Luisa Carrada avevo scoperto e amato Mondoblog. Mi piacevano Wittgenstein e Macchianera. Ero invaghito dello stile (e forse non solo dello stile) di una certa Alessia, che poi si rivelò essere tale Lorenzo, Personalitàconfusa appunto. Ed ero, confesso, piuttosto certo che ah il mio stile, ah la mia arguzia, ah la mia autoironia, ah il mio x e il mio y e anche il mio z (aggiungi a caso altri caratteri distintivi della mia personalità e del mio modo di rappresentarla online) non avrebbero tardato a impennare accessi e commenti del mio blog e a presentarmi come una delle nuove star della scrittura in rete. Olè.

Bene, sono passati due anni e mezzo. Il blog è tuttora uno strumento che mi affascina, che intendo continuare a esplorare e di cui non ho intenzione di fare a meno. Che mi ha dato molto in termini di apertura, curiosità, contatti, conoscenze, incantamenti, comunanze, comunelle, crescita professionale, pratica della scrittura, sperimentazione, emozione. 
E non sono diventato una blogstar. Anzi, i miei contatti medi son sempre quelli: circa 80-100 al dì.
Ma sai cosa ti dico? Che mi sta bene così. Per due motivi.

1. Perché in questi ultimi due anni in rete i contenuti interessanti si sono moltiplicati a dismisura. E non passa settimana senza che scopra qualcosa e mi dica: diamine questo posto merita attenzione, riuscirò mai a trovare il tempo di leggerlo? Ha senso linkarlo se poi non lo seguo? Ha senso segnalarlo? Quando riesco provvedo. Altrimenti tiro avanti.
2. Perché misurare i propri contatti e commenti solo in termini di quantità è la peggior cosa che si possa fare. La qualità invece, dei lettori visibili e invisibili, non è cosa altrettanto oggettivamente misurabile. Ma da qui ti assicuro che si percepisce. E sono sincero quando scrivo che mai scambierei la nicchia dei miei 17 lettori con 1.700 accessi al dì.
Olè.

*Update 1: io quando scrivo 17 lettori, uso il 17 perché ho una reminiscenza liceale manzoniana. Ma è evidente che se nessuno nessuno la coglie, magari i lettori cui si rivolgeva lui erano 34. O magari non era neppure Manzoni, già. Era qualcuno che in un’introduzione si rivolgeva appunto ai suoi xx lettori. Ohi, voialtri compagni di liceo, confortatemi orsù.
*Update 2: ok, Manzoni scrisse "i miei venticinque (25) lettori". A questo punto lo so e rimetto ordine nelle vetuste reminiscenze. Grazie a Zanocom.

Mio cuggino, i caramba e un cestino

Mi ha detto mio cuggino che ha trovato una bomba a mano in cantina. Dentro il suo cestino della merenda di quando faceva l’asilo. Sai le bombe ad ananas che c’avevano gli americani in guerra? Ecco. Cazzo, dico, e come ci è finita in cantina? Un antenato buonanima collezionista, dice mio cuggino. Però un po’ distratto. E non è la prima volta.
Mio cuggino dice che ha chiamato subito le forze dell’ordine. Gli artificieri e così via. Sì, però quando chiami può darsi che ti mandano due giovani di leva, dice mio cuggino. Che invece di non toccare assolutissimamente nulla, come c’è scritto in qualunque manuale delle giovani marmotte, decidono di “rimuovere l’ordigno”. Cioè il cestino.

Insomma mio cuggino dice che la settimana scorsa nell’atrio del suo condominio, c’erano due carabinieri che piantonavano un cestino di vimini azzurro, di quelli che usavamo noi per metterci la merenda all’asilo. “Come se l’avevano arrestato”, dice mio cuggino. Avessero, dico io, vabbè. “Che manco fosse l’affare della patria”, dice lui. Ahem, sarebbe l’altare ma vabbè dai. E chi passava lì davanti si chiedeva cosa diavolo ci fosse dentro. E mio cuggino che doveva spiegare ai condomini e ai passanti. E minimizzare. Anche per tutelare la memoria dell’antenato insomma, che era un onestuomo, mica un bombarolo. E ancora non si sapeva nemmeno se era vera, la bomba. E lì passava gente, c’è lo studio del medico, insomma via vai, e pure bambini. E i due cariba immobili accanto al cestino. Poi, dice mio cuggino che sono arrivati gli artificieri dell’Arma. Prima ancora di aprire il cestino hanno fatto un mazzo tanto ai colleghi. E poi han guardato dentro e portato via tutto.
Pianino pianino.

E adesso a mio cuggino i condomini quando lo incontrano sulle scale, lo aspettano dietro l’angolo gli fanno BUM! O lo sfottono: “Allora scoppia?”
Sì, perché lui per farli stare tranquilli ha detto a tutti che è stato un falso allarme e che la bomba era finta.
Ha detto proprio così. Mio cuggino.


 

 

cose di Natale 2 – dal paese delle…

cose di Natale 2 – dal paese delle meraviglie
Il presepe spiegato a mia figlia. Pardon, da mia figlia

presepe 2005Come già riferito, la creatura frequenta un asilo gestito da suore. Lo stesso asilo mio, peraltro, che – nonostante (grazie a) ciò – sono venuto su felice. Laico e felice, intendo.
Legittima la mia curiosità nel verificare come e quanto le rivelino misteri e dottrina. Un mesetto fa, tanto per dire, stavamo in chiesa a un matrimonio e lei mi sussurra all’orecchio: “Lo sai che io a scuola ho visto la parola di Dio?”. Eh, caspita.

In questi tempi di Natale mi son fatto raccontare del presepe fatto a scuola. E alla fine della descrizione ho piazzato la mia domanda chiave: “Ma perché pastori e fornai e remagi, tutti quanti insomma, perché gli portavano i regali a quel Gesùbambino lì?”.
Temevo una risposta preconfezionata, cara la mia suora, e magari non compresa fino in fondo.
E invece la risposta la creatura non ce l’aveva. O non la ricordava. Così ha dovuto cercarsela con la sua testolina.
Ho insistito con la domanda. Lei ha smesso di disegnare, mi ha guardato e ha detto: “Eeeh… si vede che era Natale anche lì”.

marchetting familiare "Sì,…

marchetting familiare 
"Sì, ripeto: lui è single!"
Ok, questo messaggio è per tutte le persone di sesso femminile che, acquistandolo qui o altrove, ricevendolo in dono o altro, hanno ascoltato il cd Christmas Songs (di cui si parla qui sotto) e mi hanno riempito la mail di complimenti alla voce di Fratel Teo, informandosi altresì sul suo stato civile e sulla disponibilità – anche non finalizzata al matrimonio – dei suoi ormoni.
Detto tra noi, se oltre a vendergli il cd riesco anche a trovargli una o più fidanzate, a parte che metto tranquilla mammà, ma mi divento una specie di idolo del blogmarketing. O marchetting, appunto.

L’amore ai tempi del presepe

Stamattina quando hanno aperto la scatola per portarci al lavoro, ero certo che sarebbe andata diversamente. Di notte, chiuso lì dentro, l’avevo sognata. Ero di fronte a lei e finalmente le donavo questo agnello che tengo in braccio. Lei mi guardava. Senza mai smettere di lavorare, ma mi guardava. Guardava me, finalmente. E i suoi occhi erano del colore del paradiso. Poi, dopo che avevano svegliato anche lei, siamo stati vicini sul tavolo, mentre mettevano la carta e il muschio e le luci. Eravamo vicini, ma lei era girata dall’altra parte. Allora le ho guardato i fianchi, la gonna verde, il ginocchio sul marmo, il profilo del piede nudo accanto al lavatoio. E il mio sogno tornava mescolato ai pochi ricordi: la camiciola bianca, le braccia allungate sui panni, quell’espressione serena e indaffarata che le avevo scoperto tanti giorni prima.
Eravamo vicini sul tavolo, poi è successo. Tonio, il vecchio fabbro. Era accanto a me: è caduto. Un rumore bruttissimo giù sul pavimento. Tanti pezzi di Tonio. Uno dei più anziani della comunità. Addio, Tonio. Anche tu l’amavi, lo so.
Tutti l’amiamo.

E ora sono qui, piazzato al mio solito posto: il dosso accanto alla capanna. E lei là in fondo accanto al laghetto di vetro. E di fronte a lei, il posto che da sempre era stato di Tonio è toccato al fornaio.
Aspetterò.

Da qui è tutto uguale a ieri. Vedo ancora solo il profilo del suo collo, i suoi capelli raccolti. Ma questa brezza, tra greggi e cammelli, mi porta il suo profumo. E allora inspiro forte. E sento che anche questa giornata passerà presto. E poi verrà una nuova notte, tutti a riposare dentro la scatola.
E magari la sognerò.
E lei la vedrò, lo so. La vedrò domani, quando ci sveglieranno e verremo a lavorare. La vedrò, ne sono certo. Vedrò i suoi occhi, domani, il prossimo Natale.

Pubblicato su Post sotto l’albero 2005, (Il Natale ai tempi dei blog, un anno dopo ancora).

musica: il GospelChristmas alla paveseGospel…

musica: il GospelChristmas alla pavese
Gospel Fusion, Christmas Songs
Gospel coverÈ uscito Gospel Fusion, Christmas Song, secondo lavoro in studio della Corale Valla di Pavia. Per tanti motivi ne voglio parlare. Per altri motivi non ne posso parlare in modo completamente obiettivo. Il coro è ormai un pezzo importante della musica pavese. Ha fatto molta strada da quando (1992) lavorai con loro come sassofonista contralto di belle speranze ma di ance fischianti. Il diretur, Francesco Mocchi, è un amico e la voce solista principale è quella di mio fratello Matteo.

Dichiarate vicinanze e parentele affettive (e aggiunto che io in tutto ciò non ci prendo una lira) passiamo al disco. Che è bello. E a differenza del precedente (svantaggiato da una grafica inguardabile) è bello fin dal momento in cui te lo rigiri tra le mani (l’ha fatto Tinez).
Dietro questi lavori c’è implicita una considerazione: siccome per quanto ci applichiamo non saremo mai dei neri del Missisipi o di un coro di Harlem, allora cerchiamo un’altra strada mescolando il gospel con qualcos’altro. Ecco il perché del termine fusion, definizione in sé terribile che rimanda alla gelida involuzione commerciale del jazz-rock, ma qui usata nel senso di commistione, mescolanza. Quindi Francesco prende i classici del gospel, scrive arrangiamenti nuovi e talvolta spiazzanti, aggiunge qua e là del reggae, dello swing, del rock e persino della dance. Poi, col gruppo di bravi musici che accompagna la Corale, si chiude in studio e ci lavora. Non so se abbiate idea di cosa significhi registrare un coro (intonazione, attacchi, dinamiche, interpretazione) insomma un gran casino. Infine tenente conto che si tratta di un coro di amatori e quindi moltiplicate tutto per un certo coefficiente x.

Il mio orecchio attento e affezionato (e anche doverosamente ipercritico) nota anche alcune scelte artistiche discutibili, le ingenuità, i piccoli errori di mixaggio. Ma queste son cose che in una recensione non le scrivi (anche perché l’ascoltatore medio neppure se ne accorge), queste cose le commenti col direttore: ovvio che si cresce imparando dai propri errori. E che ogni lavoro sarà più maturo del precedente.

Discorso a parte per Fratel Teo, la cui anima gospel-soul non è mai stata in discussione: la sua voce e la sua presenza maturano con gli anni, proprio come il vino buono nella botte piccola. In questo disco fa il crooner e il predicatore. E tira fuori anche una voce di zolfo che non gli conoscevo. Che poi diventa un ruvido urlo molto rock anni ’70. E va da sé che siccome ci tengo a lui e alla sua maturazione, ogni sua sillaba viene da me adeguatamente scannerizzata e ove occorre duramente criticata. In altre parole dietro ogni complimento ci sono un rigore e delle pretese di eccellenza che insomma solo tra fratelli, non so se mi spiego: non gliene faccio passare una. 
Ciò detto, per me Teo è e resta una delle migliori voci in circolazione sul pianeta terra nei secoli XX-XI.

Amen, l’ho detta.

Il cd costa € 10 (fanno 15 in accoppiata col precedente), può essere un bel pensierino natalizio (anche per il 2006 e seguenti dico).
A questo punto la vostra curiosità dovrebbe essere lievitata a sufficienza.
Se ne volete una copia, ditemelo e vi arriverà dritta nella cassetta delle lettere.
E auguri.

adv FSSimpatia più, autoironia…

adv FS
Simpatia più, autoironia più, zappa sui piedi più

Ok, allora sei un copy che deve inventarsi qualcosa per questo radiocomunicato FS. Giri e rigiri, fletti e rifletti (avrai i tuoi metodi, le tue scaramanzie i tuoi tic, le tue sostanze, musiche e riti), ti guardi intorno e finalmente decidi di lavorare sui Fantastici 4.
E allora c’è questa creatura che si chiama La Cosa , tutta di Pietra. Dove lo mandiamo? Semplice. La città dei sassi, Matera. Perché ci va? Elementare, mio caro: a trovare lo zio Pietro.
Tutto fila, è creativo, è attuale, ha il gancio con cinema e fumetti, è spiritoso. Bravo.
Però.
Però c’è una cosa che non sai: che a Matera il treno non ci arriva. Da sempre. Storicamente è l’unico capoluogo di provincia mai sfiorato da rotaia.
Ma forse questa cosa non sei nemmeno tu, caro copy, che la devi sapere, o appurare. Ma ci sarà tra te e le FS un qualche account della tua agenzia o dell’azienda che è responsabile, no? Ecco, lui questa cosa la deve sapere. In questo modo la tua buona idea finirebbe diritta nel cestino.
Altrimenti poi finisce che accade proprio quello che non era auspicabile: che lo spot diventa una signora zappa sui piedi per ricordare alla nazione che le FS ancora non sono arrivate a Matera.

campagna fsChe poi se vogliamo, sempre in tema di creatività FS, io avrei un altro sassolino. Ma qui non parla il comunicatore, qui parla il pendolare.
Care le mie FS, avete realizzato queste tre campagne tv in tema di ritardi (vista solo questa), pulizia, affollamento. E ci rassicurate che state “lavorando a una storia diversa”. Diamine, in mancanza di alternative, non sarà un problema continuare a darvi fiducia e a salire sui treni. Evidentemente vi pare sincero e coraggioso mettere in evidenza i vostri difetti e usarli per rassicurarci. Vi pare originale confessarvi in pubblico (sì, ritardiamo, abbiamo carrozze zozze e affollate e a volte gelide e a volte bollenti) promettendoci un riscatto.
Vi pare?
Bene, a noi pendolari tutto questo ci pare una nuova presa per i fondelli. Che investite in comunicazione per dire che presto ci venderete un servizio decente mentre noi tutti i giorni lo paghiamo già, questo servizio.

pop music e rimembranzeTake it easySe…

pop music e rimembranze
Take it easy

Se venerdì sera avete incrociato un tipo che, pur tornando dolorante da una torrida giornata di lavoro, batteva il tempo e sorrideva con un ghigno ebete stampato in mezzo alla faccia congelata, probabilmente quello lì ero io. Avevo in cuffia una playlist con ciò che ascoltavo nell’estate dell’84, cose semplici, puro spensierato pop: Jackson Browne, James Taylor, Paul Simon, qualcosa del Boss.
E allora, diamine, non ero più un incupito pendolare.
Ero di nuovo io che correvo fiero sulla mia Mustang rossa (Graziella bianca), con il vento nei capelli (coi capelli), dopo un paio di Margarita (chinotti) giù al Don’s pub (oratorio). Ero io che sfrecciavo libero e spensierato lungo la route 66 (Naviglio pavese), accanto la mia amata Mary Lou (Maria Luisa), entrambi a goderci il tramonto, con nelle orecchie solo il rombo possente di tutti quei cilindri (cartoncini fissati ai raggi con mollette) lanciati verso l’orizzonte.

Soundtrack: Take it easy, appunto 
I got seven women on my mind
Four that want to own me, two that want to stone me
one says she’s a friend of mine…

consigli di letturaAnnunciaziò,…

consigli di lettura
Annunciaziò, annunciaziò: è nato Post sotto l’albero 2005

Per il terzo anno consecutivo Sir Squonk sobilla alcuni blogger a scrivere un post natalizio. Tutti gli rispondono entusiasti che sì che bello.
Poi naturalmente se ne dimenticano. Ma lui, tenace, li inchioda alle loro responsabilità. Ricevuti infine gli elaborati, dà il la a una sobria impaginata e poi pubblica.
Puntuale come una cambiale ma molto più vario e interessante nei contenuti, ecco la raccolta Post sotto l’albero 2005, (Il Natale ai tempi dei blog, un anno dopo ancora).
Stavolta ci sono anche io.
Buona lettura.

appuntamenti"Mitomodecosa?""Mitomodernista,…

appuntamenti
"Mitomodecosa?"

casa dela poesia"Mitomodernista, apri le orecchie. La prima festa mitomodernista a Milano."
"Mhm… e sarebbe a dire?"
"Poesia, danza, musica e tante altre cose…"
"Ma se maggna?"
"Boh, non lo so ma mica puoi andare sempre solo dove se maggna a sbafo, no? E poi leggi qua: invocazioni sciamaniche di Treccia e Luana."
"Prego?"
"Cioè Zio Burp al pianoforte e Luana Pasi che canta. Qualche vecchio standard jazz."
"Orpo, questo sì che è interessante. A che ora?"
"Non saprei. Dicono sul tardi, verso le 23 e rotti."
"Vabbè, mi hai convinto. Ci si vede là."
"Ok, a dopo."

Giovedì 15 dicembre 2005, Milano, Palazzina Liberty di Largo Marinai d’Italia.