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Dalla Milano da bere a quella da baciare
Ma tra colleghi "occasionali" (di un solo giorno, poniamo) ci si bacia? Ma sempre sempre?
Severine dice che no.
Contro il dilagare del bacio sulla guancia in ambito professionale.
Ma vi è chi offre l’altra guancia.
cose che noi umani…Andate e taggatevi…
cose che noi umani…
Andate e taggatevi tutti*
Dopo quelli di Vanz, mi pare cosa buona e giusta linkare anche i techno consigli di padre Suzuki.
* Sì, anche voi laggiù, gregge splinderiano, pecorenere per colpe non vostre.
Feste e riti (pagani e non) in posti inconsueti
“Papipapipapi era bella la festa di Alessia… questa volta che viene il mio compleanno faccio la festa anche io al mecdonald?”
Gasp! Di già?
Com’era quel libro? Ah sì ecco: Il marketing alla conquista dell’infanzia, Susan Linn. Mettiamolo sul comodino va’…
In chiesa per un matrimonio era molto incuriosita da tutto ma ce n’è voluto per farla stare zitta. Dopo un minuto era già giustamente stufa del vestito della sposa. Allora mi è toccato mostrare le canne dell’organo e spiegarne la funzione, indicare angioletti musicanti sul soffitto, lo zio musicante nell’angolino, raccontare dello scambio degli anelli, delle parole magiche che il sacerdote diceva perchè il matrimonio fosse valido, convenire con lei che “le parole magiche delle fiabe sono più brevi”. Il tutto naturalmente sussurrando.
A un certo punto mi ha messo la bocca nell’orecchio e mi ha detto: “Lo sai che io a scuola ho visto la parola di dio?”
Poi, nel seguito del matrimonio si è molto divertita. Con Francesca a farsi raccontare dei leoni e con Paola a far domande sul mestiere di veterinaio (“hai mai misurato la febbre al canguro?”).
E nel gran finale si è presa anche il bouquet. A tre anni e mezzo.
Dritto in fronte.
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Giallini di ieri e di oggi (e dell’altro ieri)
Oggi, Chettimar si interroga su "Quale specie preferire tra le musiciste classiche di un’orchestra?".
Ieri l’altro Akille saggiamente ragionava di orgasmo femminile in prospettiva maschile.
Bonimba, mesi or sono, raccontava quant’è bello andare nelle scuole a parlare di scrittura e di libri.
musica: capolavoro + documentarioKind of blue…
musica: capolavoro + documentario
Kind of blue (dual disc)
Alla Feltrinelli aveva lo sconto e non ho resistito. Ho comprato il dual disc di Kind of blue, disco di Miles Davis del 1959, disco fondamentale per la storia del jazz. Disco jazz in assoluto più venduto di tutti i tempi.
Il dual disc è un cd speciale: da una parte è un normale cd audio (e normalmente contiene il disco originale rimasterizzato o con altre caratteristiche tecniche che ti godi solo se hai un impiantone); l’altro lato è un alto dvd in questo caso c’è un documentario. Costava una ventina di euri e via.
Kind of blue lo possedevo solo su una TDK C-60 del 1992, che immagino ormai fossilizzata in garage. Reperti di un tempo che fu, di cui Emmebi ha nostalgicamente indicato un giacimento.
Ora, se hai già Kind of blue in cd, questo dual disc te lo puoi perdere. Rispetto all’originale, il cd contiene un alternative take di Flamenco Sketches. Il documentario è caruccio ma non imperdibile. Ci sono questo e quello (Hancock, Jackie McLean, Shirley Horn, persino Bill Cosby) che parlano del fascino e dell’importanza di Kind of blue. Nulla di nuovo insomma. C’è anche – questo sì almeno emotivamente più emozionante – il volto rugoso e la risata catarrosa di Jimmy Cobb, il batterista unico vivente della formazione che incise il disco.
Se però Kind of blue non ce l’hai, beh il discorso cambia. Perché, in quel disco c’è sempre da scoprire. E da imparare. Rilassandosi per giunta.
E così mi son chiesto perché proprio quel disco, perché così famoso e amato e citato e comprato.
E butto là un po’ di risposte:
– Perché è un disco di Miles Davis, ma con lui ci sono almeno altri tre fuoriclasse assoluti (per non dire caposcuola) dei rispettivi strumenti: Trane, Cannonball ed Evans. I "gregari" sono gli elegantissimi Cobb e Kelly. Quindi il cast è di livello assoluto.
– Perché è un disco lento, morbido, a tratti lirico. È un sacco cool.
– Perché è un po’ nero africano e un po’ cerebrale europeo.
– Perché essendoci Evans, che spennella la modalità, è un disco "colto". Winton Kelly è l’altro pianista e suona solo in una traccia (Freddie Freeloader): è bravissimo, è un signor pianista. Suona blues. Solo splendidamente blues. Fate caso alla differenza con Evans.
– Perché 2 pezzi su 5 sono dei blues, una forma che ci è stranota e che anche un ascoltatore non esperto seppur inconsciamente riconosce. (Altri due brani sono modali e poi la gemma di Blue in green è altro ancora.)
– Perché è un disco modale, appunto. Riprendendo alcuni esperimenti evansiani (la cui preistoria stava in Chopin), Davis decide di lavorare su poche scale, una o due, e di costruire tutto (temi, accordi, improvvisazioni) sulle note di quelle scale. Mi viene in mente un quadro fatto con due soli colori e le loro sfumature. (A me che di figurativo non so nulla, dico, mi viene in mente questo. E a te?) Il modale, che da questo disco in poi diventa un vero e proprio stile, per chi ascolta è rilassante (o noioso, dipende) come un porto sicuro. Per il musico invece è una sfida. Perché si trova a dover lavorare con molte meno frecce al suo arco. No cambi di accordo, no altre tonalità. E allora vengono fuori espressività e interpretazione. Saper creare cose nuove a ogni chorus con gli stessi pochi elementi, questa la sfida.
– Perché è un disco da cucco. Lo dice persino Jimmy Cobb nel documentario. E Cosby aggiunge che "se lei non aveva ceduto a Flamenco Sketches (ultima traccia), allora la serata era in bianco". E quindi in teoria sarebbe uno dei pochi dischi – mi chiedo – per cui non vale l’adagio contiano sulle donne che odiavano il jazz?
– Perché è un disco regalatissimo (e giustamente) a tutto il pubblico non jazzofilo.
Ok, fin qui quello che è venuto in mente a me. Se ne vuoi sapere di più, sulla storia di quel disco c’è un libro apposta in cui investier i soldi che risparmi dal dual disc:
temporeggiandoQuelli cheIo li odio quelli che…
temporeggiando
Quelli che
Io li odio quelli che quando non aggiornano il blog scrivono comunque un post per dire magari che sono molto impegnati nel lavoro, o magari che hanno altro a cui pensare, o che hanno i maroni girati, o che semplicemente son giorni che non mi va di postare però ci ho un taccuino pieno di post bellissimi già scritti.
Li giustifico solo quando ricorrono tutte queste circostanze insieme, ecco.
mini dibbattito internoTipo quelli che non…
mini dibbattito interno
Tipo quelli che non van d’accordo nemmeno con se stessi
– Allora? Hai deciso? Lo fai o no?
– Cheppalle sei, ti ho detto che ci sto pensando…
– Sì, poi finisce alle candele greche come la storia del cv…
– Calende…
– E io che ho detto? Eddai, datti una mossa…
– Ma non c’ho tempo di scr…
– Appunto: non scrivi nulla di nuovo e allora risegnali quello che hai scritto in giro su altri blog che ti ospitano, che male c’è?
– Ma son cose già viste…
– Ma mica tutti quelli che leggono BURP! leggono anche il resto no?
– Ma passo per un narciso egocentrico, un onanista della parola…
– Che è quello che sei e chi ti conosce lo sa.
– Ma almeno io dico calende.
– Dai, non provocare che stamattina mi son alzato storto…
– Ma va? Combinazione anche io…
– Dai che devo prendere il treno.
– Anche io.
– Taci.
– Anche io.
le parole del vinoChe te ne pare di questo…
le parole del vino
Che te ne pare di questo Nicole, rosso toscano?
La bottiglia la riconoscete facilmente. Non se ne vedono in giro molte con un’etichetta così.
Il vino che c’è dentro a me è piaciuto molto. Ma io non sono un granchè come intenditore.
E poi lo bevevo per lavoro e quindi sorseggiandolo pensavo alle parole per dirlo, quel vino. Parole che poi sono finite al loro posto, su una brochure.
Ora, se vi capita tra un ristorante e un’enoteca di imbattervi nei prodotti di Cosimo Maria Masini, c’è il vino ma c’è anche l’olio, mi dite per favore quanto vi garbano?
Come dite? Che l’etichetta è bellissima? Già, quella l’ha fatta uno bravo, Tobias Rehberger, uno che qualcuno di voi da queste parti già conosceva.
personaggiHo visto un presentatore rock e il…
personaggi
Ho visto un presentatore rock e il suo nome è Borat
Se qualcuno stasera avesse voglia di schiodarsi dalla banalità dell’antitesi rock vs lento, prema un altro tasto del telecomando e zompi su MTV.
Ci sono gli European Music Award, ma lì di rock credo ce ne sia poco e non mi riferisco alla musica. Saranno presentati da Borat. Che è un altro personaggio uscito dalla testona di Sacha Baron Cohen, alias Ali G. Che è un pazzo. Qui e qui ne ha parlato Dispenser. ma dovreste vederlo all’opera.
Ben volentieri linkerei un paginone uscito sul Foglio (credo prima dell’estate), firmato da Mariarosa Mancuso che raccontava benissimo il personaggio (ma da quando il Foglio è tutto in pdf e non si fanno ricerche per parola chiave molte di queste perle vanno perse). Sacha in Italia non è molto conosciuto: è uscito un suo film, penalizzato da un doppiaggio obiettivamente difficile (problema che immagino affliggerà anche la traduzione in diretta dello show di stasera), e su Jimmy sono passati i suoi tv show.
Dategli un’occhiata. E poi mi dite chi è rock per davvero.
UPDATE 1: tra l’altro poi io non l’ho visto eh…
UPDATE 2: Però mi han poi detto che qualcuno si è incazzato per Borat: il Kazakistan in persona!
cinemaInnamorarsi di uno scheletro vestito da…
cinema
Innamorarsi di uno scheletro vestito da sposa
Non è difficile: basta andare a vedere La sposa cadavere (qui la recensione di Fantasymagazine).
E scoprire che Elena Bonham Carter è più bella in pupazzo che dal vivo.
E poi, il pupazzo ha il vantaggio di essere saldamente fidanzato con Mr Tim Burton.
Almeno credo.
Emily, adoro il tik tak della tua mano scheletrica sull’avorio di quel vecchio pianoforte.