appunti per il futuro"Devo pugnalarla…

appunti per il futuro
"Devo pugnalarla tre volte?"
Il giorno che un tizio dovesse accompagnare in ospedale la vostra consorte in overdose potreste decidere tra:
A) dichiarare con invidiabile tempismo che "stili di vita differenti ci avevano allontanato"
B) spaccare la faccia al tizio (o per banale gelosia o perché la roba l’ha offerta a lei e non a voi)
C) prendere sottobraccio il tizio e dirgli con tono paterno: Cazzo, ragazzo, ma non l’hai visto Pulp Fiction? Che bisogno c’era di tutto ‘sto casino? Non potevi portarla da Lance? Un’iniezione di adrenalina e via.

my musicUn altro jazz weekend di passione in…

my music
Un altro jazz weekend di passione in Liguria

Ok, domani zaino in spalla io e il mio dito indice incerottato partiamo per un paio di concerti nel ponente ligure.
Se siete da quelle parti (o magari nel raggio di 50, 100, ma anche 1000 km, suvvia) manifestatevi gaudenti.
Ecco le date del Burp quintet.

litigi, porconi, fantasie e domandeUna…

litigi, porconi, fantasie e domande
Una brioche per me e molto alcol per il mio dito
Esci da Centrale alle 8.20 e piove. Fico. Hai l’ombrello. Piccolo, tascabile, blu. E rotto.
Ma tanto rotto che quando lo apri, una stecca metallica ti si conficca nell’indice della mano sinistra.
Hai le cuffie. Quindi sei l’unico nel giro di 50 metri che non sente porcocazzo porcombrello porcodito. Appunto, porcodito.
Poi basta, parlare basta perché il dito lo devi tenere in bocca e ciucciare forte. Che appena te lo guardi il dito, lui zampilla felice e il rischio è che ti inzozzi tutto. 
E intanto piove. E hai ancora in mano l’ombrello sciabola. E ti sembra pure di sentirlo ridacchiare. E allora crepa. E lo infili nel primo cestino. Lui non ci passa. Fai forza con rabbia. Ma una vocina ti dice di non insistere su quell’istrice metallico con l’unica mano sana. Poi entri al bar, ciucciando il dito ordini la brioscia. Poi vedi i fazzolettini sul banco. E quando esci ne hai 5 sul dito e hai smesso di ciucciare. E puoi cominciare a dipingere il marciapiede di mille papaveri rossi, tutti uguali, sputati insomma.

Entri in ufficio e speri. È dalle elementari che speri. Che in questi casi coltivi un desiderio di crocerossina amorevole con la sua bella crestina bianca, e gli occhioni, che ti parli dolcemente e ti soffi sulla bibi e poi ti disinfetti e un bacino qui e un cerottino e poi dai che presto passa tutto. E la tua centralinista avrebbe anche il phisique du role. E candida con la crestina sarebbe perfetta. Ma temi l’avvento della donna delle pulizie, dei suoi baffi e dei suoi modi spicci.
E allora opti per l’automedicazione. Nel seminterrato apri l’armadietto dei medicinali. E quante volte ci hai giocato da bambino con la cassetta del pronto soccorso della macchina? E questo cos’è? E questo? Come si gioca? Ora li provo tutti, finalmente.
E dopo dieci minuti, col tuo dito ubriaco, blindato da un cerottone, imbocchi l’ascensore con una sola domanda.
Il cotone emostatico, già. Perché non lo usano per le divise dei soldati?

pensieriIl deja vu del pomeriggio libero…

pensieri
Il deja vu del pomeriggio libero (Cara la mia suora)
Causa assemblea dei genitori all’asilo della creatura, ieri mi sono regalato un intero pomeriggio libero in cui ho:
– Pranzato con mamma ("mi scrivi un fax di protesta a Enel e una bella lettera a Federconsumatori?" Sì)
– Preso parte alla riunione. Ma secondo voi è normale che nel programma di bimbi di 5 anni ci sia un "corso di computer per imparare a conoscere (?) internet (?) e scambiare auguri e disegni a Natale coi bimbi dell’asilo gemellato in Brasile e dunque aggiungere un tassello al programma dell’anno Popoli del mondo"? O non era meglio un bel corso di teatro che era senza dubbio più divertente e giocoso e non escludeva i bimbi più piccoli, almeno i mezzani, i quattrenni. Che poi, cara la mia suora, se le serve un link per agganciare il programma dell’anno al corso di teatro, non dubiti cara la mia suora che glielo trovo io in men che non si dica. E poi se vogliamo scambiare auguri e disegni coi colleghi bimbi carioca, non è meglio che glieli facciamo spedire per posta così i disegi li toccano e li annusano e li appendono, invece di vederseli congelati dentro ai monitor, che di monitor ne vedranno, le assicuro, alla nausea appena usciti dall’asilo. E poi, cara la mia suora, dato che ci siamo, per quanto lei sia stata la mia prima educatrice e ora abbia fatto carriera e diriga con polso fin troppo saldo questo bell’asilo da cui le brave maestre fuggono (ne sa qualcosa lei?), io glielo garantisco, cara la mia suora che se si azzarda ancora a sproloquiare melliflua sull’importanza del ruolo dei genitori e sulla condivisione delle scelte e poi, malrazzolando, ci mette di fronte al fatto compiuto, segando d’autorità un corso che a noi e alle creature ci piaceva, io non ci metto ne uno né due, cara la mia suora, e vado immediato di rappresaglia e com’è vero lui io le taglio le gomme della tonaca, ci siamo intesi? Punto.
– Visitato famigliola di amici (ritrovato un leopardo plastico smarrito a Ustica, chiacchierato di bimbi arrivati, in arrivo, solo progettati, di genitori sfuggenti, cuochi idilliaci).
– Fatto la spesa in tutta lentezza alla Coop semivuota.
Giunto a casa alla solita ora, ma lavorata la mezza giornata ho persino avuto modo di vedere un film per intero con Lady Burp, senza assopirmi, né accusare solito dolori da troppo ufficio.

E il deja vu l’ho avuto verso mezzanotte. Vizioso in balcone, con una sigaretta in una mano e un’ampolla di similnutella solidale nell’altra (quella Coop, buonissima), meditavo sui miei ritmi e su quanto mi piaceva quell’altra vita che facevo fino a un anno fa (che si gloriava di ben due interi pomeriggi liberi a settimana) anelando e paventando l’avvento di questa nuova in cui i pomeriggi liberi sono estinti e lì muto e solingo all’aire mi chiedevo: vale la candela tutto ciò? Cui prodest? E soprattutto: brrr siamo a ottobre, è ancora il caso di uscire a pensare in balcone in mutande?

comunicazione di…

comunicazione di servizio 
… 
In corrispondenza della tragica, dolorosa e improvvisa fine del mio ingiallimento, questo blog e il suo autore osserveranno alcuni giorni di rispettoso silenzio.

E per restare in tema di defunti, su Italia1 è cominciata la seconda stagione di Six Feet Under (questo lo scopro ora, poi lo guardo).
E domenica sera ER (seconda metà puntata), col giochino dello scambio vivi-morti, ci è andata parecchio vicino.

E non c’entra nulla ma proprio nulla, ma il blog è bello anche per questo: mi sono innamorato della collega del piano di sotto.

calcio e letteratura"Con Pasolini…

calcio e letteratura
"Con Pasolini all’ala e Camus in porta"
PPPCome al solito Il Foglio del lunedì (anche fatto scadere e letto il venerdì) mi propone alcune chicche uscite in settimana in giro per i giornali italiani.
L’ho cercato online ma non c’è, questo pezzo di Darwin Pastorin sulla squadra di calcio degli scrittori (UPDATE: di quelli che il calcio lo hanno raccontato e/o giocato, v. commenti), che ho tra le mani e che riassume il suo intervento al Festivaletteratura di Mantova.
Non potendolo trascrivere per intero, mi limito ad annotare fedelmente la formazione.
Per la gestione di numeri e ruoli (e relativa scansione recitativa, in cui vi tocca l’effetto stadio, diciamo un verso tipo HHHH aspirato e prolungato) mi sono affidato alle mie antiche rimembranze del gioco del pallone e del Subbuteo, cioè quando i numeri erano ruoli.

1 Albert Camus
2 Javier Marias
3 Peter Handke

4 Gianni Brera
5 Camillo Josè Cela
6 Giovanni Arpino

7 Pier Paolo Pasolini
8 Carlos Drummond de Andrade
9 Osvaldo Soriano

10 Jorge Valdano
11 Eduardo Galeano

Dell’appropriazione indebita di Frank Zappa


FZHippy, marxistaleninista, angelo sterminatore delle ipocrisie e delle censure amerikane. Questo e altro sembrava Frank Zappa al giovane rockmusicologo e critico Riccardo Bertoncelli. L’unico dubbio era sulle droghe: fumava soltanto o prendeva anche acidi?
Ma Zappa era diverso e poi era altro, molto altro ancora. E Bertoncelli stesso lo capì il giorno del 1973 in cui l’intervistò.
Bellissimo questo suo racconto del personaggio Zappa, scritto in occasione del decennale della morte.
Impossibile non sottoscrivere l’ultima frase che ricicla il giudizio di Borges su Stevenson: “Per me Frank Zappa è una delle forme della felicità umana”.
Qui un altro speciale zappiano (ma secondo me l’avevo già segnalato).

Parentesi:
Bertoncelli è lui, sì quello che nell’Avvelenata è descritto in allegra compagnia intento “a sparare cazzate”.
A proposito, la vera storia dell’Avvelenata, raccontata proprio dalla prospettiva del critico, la trovate qui.
Tratta da Paesaggi immaginari – Trent’anni di rock e oltre, libro del Bertoncelli medesimo, la cui lettura non posso che consigliarvi, oh passanti rockettari, se mai tra voi ve ne sono.
Chiusa.

a spasso nei libriAmbarabà…

a spasso nei libri
Ambarabà Ciccì Coccò, ora a letto con chi vo…

Una biblioteca di personaggi, l’intera storia della letteratura in pratica, con cui amoreggiare in totale libertà.
A voi la scelta, qui.

dal paese delle meraviglieMetti che sfreghi…

dal paese delle meraviglie
Metti che sfreghi una lampada e poi arriva il genio
– Capito, piccola, quella che si sente è la voce di Spirit da vecchio che ricorda. E i suoi ricordi sono la storia del film. E la sua voce ce li racconta. Si chiama… io narrante…
– No, si chiama Spirit, che è più bello
– Certo hai ragione.
– Dai, adesso mettiamo Cuccureddu dentro la storia di Spirit
– No aspetta volevo chiederti una cosa: se un giorno incontri il genio, hai tre desideri, che cosa gli chiedi?
– Mmmm i capelli lunghi per me. (Un’amichetta con capello corto si difende quotidianamente da infamanti accuse di "maschietto")
– Bene, poi?
– I capelli per il mio papà. (Ci tiene molto)
– Bene, grazie. Poi?
– Un vestito rosa per il ballo.
– E certo, se da grande fai  la principessa, il ballo prima o poi ti capita. E il vestito ci vuole. Bene, tre desideri sono finiti, belli, adesso lavati i denti dai.
Schisc, spruzz, spfrusc
– Mmm… e cappe cotacco.
– Eh? Levati lo spazzolino, cosa?
– Le scarpe col tacco.
– Orpo ora son quattro. Togline uno.
Li rielenco disponendoli in ordine sulle dita della mano. Immagino che eliminerà il secondo, i capelli per il papà. Invece mi prende il dito medio, il terzo.
– Il vestito ce l’ho già, va bene anche bianco.